Altri personaggi
Luciano Rossi - Collepardo
Chi era: attore
Nato a: Roma il 28 novembre 1934 - Morto: a Roma il 29 maggio 2005
Nonostante le non numerosissime partecipazioni ai film di Bud Spencer e Terence Hill i suoi personaggi hanno senz'altro lasciato il segno. In "Lo chiamavano Trinità..." la maschera di Timido, compare di Faina e complice di Bambino (Bud Spencer), è resa magistralmente dall'attore: un misto di strafottenza banditesca (è pur sempre bravo a fare a cazzotti o meglio, come spiega ai mormoni: "Se non avete forza nelle braccia potete sempre usare i piedi, come me") e appunto di timidezza intrinseca che lo inseriscono tra i (tanti) personaggi "cult" del film. Altra sua memorabile apparizione è quella in "I due superpiedi quasi piatti": visibilmente invecchiato e ingrassato è perfetto nel ruolo dello pseudo-indiano Geronimo capo di una sgangherata banda di teppisti, costretto ad assumere alla fine della bagarre con la coppia toni decisamente meno bellicosi ("Come ti chiami veramente, Geronimo" "John Philip Forsythe, signore").
Nella sua carriera ha interpretato circa settanta film, in particolare popolari film del western italiano di cui era protagonista di primo piano, ma anche pellicole del filone violento in grande voga negli anni settanta. È stato diretto da registi come Sergio Corbucci, Ferdinando Baldi, Giuliano Carnimeo e Lucio Fulci, ma anche da cineasti come Bernardo Bertolucci ed Ermanno Olmi. È deceduto a Roma il 29 maggio 2005.
Tratto da: http://www.budterence.tk/lucianorossi.php
Enrico Toti - Cassino
Chi era: Bersagliere
Nato a: Roma il 20 agosto 1882 - Morto il : 6 agosto 1916
Enrico Toti, bersagliere. III battaglione bersaglieri ciclisti del 3° reggimento. Nacque a Roma il 20 agosto 1882 da Nicola Toti, ferroviere di Cassino, e da Semira Calabresi, di Palestrina. All'età di 14 anni si arruolò come mozzo specialista nella marina militare. A 17 anni s'imbarcò sulla nave Emanuele Filiberto con la qualifica di elettricista scelto. Restò in marina fino al 1905. Nel 1907 fu assunto nelle ferrovie come macchinista. Il 2 marzo 1908 a Segni fu travolto da una macchina e fu necessario amputargli la gamba sinistra. Da sempre appassionato di ciclismo, tra il 1911 e 1912 fece il giro d'Europa in bicicletta fino in Lapponia.
L'anno successivo, a gennaio, iniziò il giro dell'Africa, ma non potette portarlo a termine perché in Sudan ne fu impedito dalle autorità inglesi. Allo scoppio della prima guerra mondiale volle essere ad ogni costo arruolato; fu assegnato al III battaglione bersaglieri ciclisti del 3° reggimento e partecipaò a tutte le più rischiose azioni di guerra, distinguendosi in particolare in una battaglia presso Selz (quota 70) nell'aprile 1916.
Il 6 agosto 1916 presso Monfalcone (quota 85), ferito dapprima ad una spalla, poi al petto, si lanciò con pochi commilitoni contro una trincea nemica; fu ferito una terza volta al petto e, incitando i suoi, scagliò l'unica arma di cui disponeva, la sua stampella, contro il nemico. Prossimo a morire, raggiunse carponi il suo cappello e baciò il piumetto: era il 6 agosto 1916. Il 27 agosto successivo gli fu conferita la Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria. Fu sepolto nel cimitero di Monfalcone, ma il 24 maggio 1922 la sua salma fu trasportata a Roma, dove, sul colle del Pincio, gli fu eretto un monumento.
Nel 2005, anche Cassino ha deciso di dedicare a Enrico Toti un monumento. Dopo due anni, la statua sarà inaugurata nel febbraio 2008 presso Piazza Enrico Toti.
Tratto da: http://www.janula.it/news/comunicmostra.php?cod=525
Vittorio Miele - Cassino
Chi era: pittore
Nato a: Cassino il 24 novembre 1926 - Morto: a Cassino il 18 novembre 1999
Visse l'esperienza tragica della battaglia di Montecassino in cui vede morire il padre e la sorella ed in seguito, per le ferite riportate, anche la madre.
Dopo la fine del conflitto si trasferisce a Urbino dove comincia la sua attività artistica. Nel 1958 è presente alla "Mostra Nazionale Città di Mantova", mentre la prima mostra personale avrà luogo a Frosinone nel 1966.
Nel 1967 grazie all'opera Meriggio è premiato alla rassegna d'arte "Avis" di Jesi. Due anni dopo con l'opera Il Dolore riceve il 2° premio all'Esposizione Internazionale di Pittura di Piervert (Francia) e, sempre nel 1969, con l'opera Case di Ciociaria vince a Roma il primo premio alla IV Rassegna Nazionale Arti Figurative.
Negli anni '70 partecipa ad esposizioni a San Marino (una mostra personale al Ridotto del Teatro Titano nel 1971), in Giappone (1972, Galleria "2000" di Tokyo, per una rassegna collettiva a cui partecipano anche opere di De Chirico, Gentili, Campigli, Greco, Cantatore), in Jugoslavia (1973, Padiglione d'Arte di Sarajevo), Canada (1974, espone a la Place Bonaventure di Montreal, al Titanus Inc. di Willowdale, all'Hotel Hilton e alla Fine Arts Gallery di Toronto), Stati Uniti d'America (1976, mostra di oli e tempere alla Mondello Interiors Gallery di Birmingham. Espone anche alla Forsythe Gallery di Ann Arbor, alla Charter Arts di Farmington, alla Coach House Gallery di Detroit ed in altri prestigiosi musei.
Dopo molte altre mostre in Italia viene invitato, sul finire degli anni '70, nella Colonia Artistica Statale di Pocitelij in Jugoslavia, esperienza che ripercorre in una serie di stupendi pastelli. Trentacinque anni dopo la distruzione di Cassino Vittorio Miele commemora quell'anniversario con "Testimonianza", un itinerario artistico con le immagini più crude che erano rimaste nella mente del maestro.
Nel 1991 espone al Parlamento Europeo.
Dopo moltissime altre esposizioni (tra cui nel 1987 alla "Galleria Il Trittico" di Roma e nel 1994 mostra personale alla "Galleria Gagliardi" di San Gimignano) Vittorio Miele muore nella sua Cassino il 18 novembre del 1999.
Amico di Umberto Mastroianni, Alfredo Bonazzi e Pietro Annigoni, definito da Duccio Trombadori "il poeta del silenzio", Miele rimane uno degli artisti italiani più profondi e significativi del secolo scorso. Attualmente alcune sue opere sono esposte presso il Museo della Fondazione Umberto Mastroianni di Arpino.
Tratto da: http://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Miele
Abate Desiderio - Cassino
Chi era: abate di Montecassino
Nato a: Benevento nel 1027 – Morto a: Montecassino, 16 settembre 1087
Vittore III, nato Dauferio Epifani e detto Desiderio da Montecassino (Benevento, 1027 – Monte Cassino, 16 settembre 1087), fu Papa dal 1086 alla morte.
Figlio di Landolfo V, Principe di Benevento, nacque nel 1027; all'età di circa vent'anni fuggì di casa per assecondare la sua vocazione monastica che venne disattesa per l'imposizione forzata del ritorno a casa da parte della famiglia. Riuscì solo l'anno dopo nell'impresa grazie all'aiuto di Siconolfo, preposto al monastero di Santa Sofia di Benevento, che riuscì a fargli raggiungere Salerno e a porlo sotto la protezione di Guaimario V di Salerno, a cui era legato da vincoli di parentela.
Dopo un periodo di permanenza a Cava, fece ritorno nella sua Benevento dove si monacò nel monastero di Santa Sofia. Qui ebbe modo di venire in contatto con le personalità più influenti della Chiesa, tanto che nel 1055, in occasione di un incontro con papa Vittore II, chiese ed ottenne l'autorizzazione a lasciare Benevento ed entrare come monaco a Montecassino. Nominato preposto di una dipendenza cassinese a Capua, nel 1058, mentre stava per partire al seguito di un'ambasceria pontificia alla volta di Costantinopoli, venne raggiunto a Bari dalla notizia della sua elezione ad abate di Montecassino.
Nel 1059 Papa Niccolò II lo elevò al cardinalato (il titolo di cardinale-presbitero della Chiesa romana si tramandò fino al XIII secolo e fu concesso per la prima volta da Vittore II) di Santa Cecilia in Trastevere.
Il suo nome è legato ad una grande rinascita edilizia ed artistica dell'abbazia, che fece ricostruire completamente dal 1066 al 1071, ornando la chiesa di preziosi affreschi e mosaici, anche con il contributo di mosaicisti e artefici vari provenienti da Bisanzio. Il monastero fu inoltre al centro di una intensa fioritura di studi teologici, grammaticali e retorici: in quel periodo tra l'altro furono poste le basi teoriche dell'ars dictandi ad opera di Alberico, grammatico e teologo appartenente alla stretta cerchia desideriana.
Di primissimo ordine da un punto di vista letterario è la sua opera intitolata I Dialoghi dei miracoli di San Benedetto. Desiderio scrisse quest’ opera tra la fine del 1076 e l’estate del 1079.
Concepita come un’opera in quattro libri, il testo che noi conosciamo si ferma alla fine del terzo. I dilaghi raccolgono 55 miracoli per la maggior parte avvenuti nel XI secolo, raccontati sotto forma di dialogo tra Desiderio e il levita Teofilo. L’ispirazione di quest’opera deve ritrovarsi nei Dialoghi di Gregorio Magno.
Desiderio rese molti importanti servigi a Papa Gregorio VII, che di conseguenza sul suo letto di morte lo indicò ai cardinali dell'Italia meridionale come suo più degno successore.
Venne eletto il 24 maggio 1086, ma mostrò una genuina riluttanza ad accettare l'impegnativo onore che gli era stato addossato, e dopo la sua tarda consacrazione, che non avvenne fino al 9 maggio 1087 col nome di Vittore III, forse in omaggio al suo predecessore che gli concesse il permesso di entrare a Montecassino, si ritirò all'improvviso a Monte Cassino. La Contessa Matilde di Canossa poco dopo lo indusse a fare ritorno a Roma; ma, a causa della presenza dell'antipapa Clemente III (Guiberto di Ravenna), che aveva dei potenti sostenitori, vi rimase per poco. In agosto tenne a Benevento un sinodo di una certa importanza, nel quale Clemente III venne scomunicato, l'investitura laica vietata, e venne proclamata una specia di crociata contro i Saraceni in Africa. Durante il sinodo Vittore si ammalò, e si ritirò a Monte Cassino, dove morì il 16 settembre 1087 e dove fu sepolto. Il suo successore fu Urbano II.
Tratto da: http://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Vittore_III
Gaetano Di Biasio - Cassino
Chi era: pittore accademico
Nato a: Cassino 21 maggio 1877 - Morto: 28 novembre del 1959
Nacque a Cassino il 21 maggio 1877. Il padre, mastro Antonio, faceva il calzolaio; la madre, Benedetta Gallozzi, la calzettaia e fruttivendola. Il padre con grandi sacrifici, lo mandò al Liceo di Arpino, e quindi all’Università di Napoli, alla facoltà di Legge. Di Biasio, durante gli studi universitari, fu attratto dal Socialismo, essendo già appassionato agli scritti ed all’opera di Antonio Labriola. Nello stesso tempo lo seducevano le opere di Pascoli, di Carducci, di Matilde Serao e tutti i maggiori autori del diciannovesimo secolo.
Nel 1903, sposò Antonietta Salveti. Nel 1908 pubblicò la raccolta di versi “Larve” e “La Selva”, quindi la tragedia “Rupe Tarpea”, e “Amintore il Saggio”. Nel 1912 curò la pubblicazione delle Lettere inedite di Antonio Ranieri e Vincenzo Gros-si: 28 lettere scritte dal Ranieri, amico di Leopardi, al Grossi, nelle quali sono espressi tutti i tormenti e gli ideali che li ac-comunavano. Su proposta dell’amico Mentella, partecipò alla commemorazione del poeta anarchico Pietro Gori e successivamente, per incarico del Partito Socialista Anarchico, a quella di Carlo Pisacane, nonostante Carlo Baccari avesse tentato di dissuaderlo dal mettersi in mostra tra gli anarchici, già malvisti al governo e sorvegliati.
Il mattino del 14 marzo 1912, un giovane muratore romano, anarchico, Antonio D’Alba, sparò due colpi di pistola contro Vittorio Emanuele III, che non fu colpito. D’Alba fu arrestato, e, invogliato dalla promessa di una riduzione di pena se avesse indicato almeno un nome di coloro che lo avevano spinto ad eseguire il regicidio, ricordandosi di Di Biasio, che con fervore aveva commemorato prima Gori e poi Pisacane, lo accusò dicendo che, la sera precedente all’attentato, gli aveva indicato come eseguirlo, dandogli una pistola carica e 100 lire. Così anche “Don Gaetano” fu arrestato. Nessuno, neppure i suoi nemici politici, lo ritenevano colpevole; dopo meno di una settimana di carcere, avvenne il confronto tra Di Biasio e D’Alba, che, di fronte alle proteste dell’avv. Di Biasio, si confuse e ritrattò l’accusa contro di lui.
Di Biasio partecipò alla guerra 1915-18, finita la guerra e congedato dal servizio militare, riprese a Cassino le sue attività di avvocato, scrittore e letterato. Il suo nome era noto oltre i confini del Foro di Cassino e spesso trattava cause per la povera gente senza compenso. Ai primi bombardamenti del Settembre 1943, la popolazione di Cassino si rifugiò nei paesi vicini e anche Di Biasio fu costretto ad allontanarsi, con la morte nel cuore, dalla città. Il 4 giugno, dopo l’arrivo degli alleati, Gaetano Di Biasio si mise subito all’opera; formò un Comitato composto da Don Gregorio Diamare, dall’avvocato Giuseppe Margiotta e da Giuseppe Di Zenzo, al fine di promuovere aiuti per la Città. Dopo tanti messaggi alla Nazione e al mondo per Cassino, da lui denominata “Città Martire”, divenne noto in Europa e in America.
Fu il Prefetto Zanframundi a nominare d’autorità Di Biasio Sindaco di Cassino, poiché ancora non era possibile indirvi le elezioni tra le sue rovine. Di Biasio, appena Sindaco, elaborò il piano per la ricostruzione: inviò anche un messaggio al Presidente degli USA Franklin Roosevelt il quale, dopo la distruzione di Montecassino ne aveva pubblica-mente promessa la ricostruzione: Roosevelt rispose soltanto il 3 febbraio del 1945 al messaggio di Di Biasio del settembre 1944. Trascorse molto tempo, durante il quale la gente continuò a vivere nelle baracche, tra gli acquitrini e le macerie, falcidiata dalla malaria e dal tifo, prima che arrivassero aiuti consistenti.
Nel III Anniversario della distruzione venne in visita a Cassino Enrico De Nicola, Presidente della Costituente e primo Capo dello Stato, dopo di che il Genio Civile intensificò la costruzione di alloggi e iniziò la costruzione dell’Ospedale, del Tribunale e delle scuole. Dopo il risultato delle elezioni politiche del 18 aprile ’48, nelle quali Di Biasio, candidato per la Camera dei Deputati nel partito Repubblicano, non fu eletto per lo scarto di qualche voto, la Giunta Comunale fu posta in crisi. Di Biasio, deluso, rinunciò alla vita politica e anche alla professione di avvocato. La perdita della moglie e le amarezze della irriconoscenza di molti concittadini lo indussero a chiudersi in se stesso. Morì il 28 novembre del 1959, dopo aver trascorso gli ultimi anni della sua vita a Lecce, presso una nipote, che aveva allevato come figlia.
Tratto da: http://digilander.libero.it/sessantennale/fotoromanzo/biografia_di_biasio.htm