Altri personaggi
Antonio da Castrocielo
Chi era:
Nato a:
l secolo Francescantonio Ceraso, nacque a Castrocielo, da Scipione e Artemisia Pera, nel 1672. Studiò all'Università di Napoli e l'8 dicembre 1691 divenne frate cappuccino. Dotto ed eccellente predicatore, nel 1725 venne nominato Ministro Provinciale.
Il Cardinale Prospero Lambertini, Arcivescovo di Bologna (poi Papa Benedetto XIV), lo chiamò a predicare nella sua città, una volta apprezzate le sue ottime qualità di oratore. Nel maggio del 1733 partecipò al convegno del Capitolo Generale del suo Ordine, tenutosi a Roma, e in quell'occasione venne eletto Definitore Generale.
Morì a Napoli il 22 ottobre 1735. Secondo un'epigrafe latina esistente nel Convento dei Cappuccini di Napoli, Papa Lambertini, alla notizia della morte del Padre Antonio, avrebbe esclamato: “Ecco che l'Italia perde la sua face più bella di saviezza”.
Bibliografia:
- A. Lauri, “Dizionario dei cittadini notevoli di Terra di Lavoro, antichi e moderni”, Sora, 1915
Antonio da Alatri
Chi era:
Nato a: Alatri nella seconda metà del XIV secolo
Nacque ad Alatri verso la seconda metà del XIV secolo. Fu un pittore di una certa rinomanza e l'unico nome tramandatoci di una scuola artistica che ebbe larga diffusione nel Basso Lazio tra i Tre ed il Quattrocento. La sua firma appare nel trittico che si conserva nella Chiesa di Santa Maria Maggiore ad Alatri. Confrontando questo lavoro con altri della città e dei dintorni, si può affermare con sicurezza che egli eseguì non pochi affreschi, alcuni dei quali realizzati con il contributo di qualche allievo.
Si comprende facilmente che se egli non fu un artista di alto grido, venne però senza dubbio da una buona scuola e fu eccellente divulgatore delle forme portate a Roma dai grandi maestri della prima metà del Quattrocento e più spiccatamente da Gentile da Fabriano.
Il trittico da lui firmato, ma senza data, rappresenta nel centro, il “Salvatore benedicente” e negli sportelli laterali “San Sebastiano” e la “Vergine con il bambino” e mostra, nella figurazione, le particolari caratteristiche della scuola da cui l'autore aveva attinto la cifra stilistica.
Altri suoi affreschi si trovano conservati nelle chiese alatrensi di San Francesco, delle Dodici Marie, della Maddalena, della Donna nell'area dell'ex stazione ferroviaria, Non si conosce la data della morte.
Bibliografia:
- Armando Frusone, “Conoscere Alatri”, Arti Grafiche Tofani, Alatri, 1998.
- Augusto Donò, “Storia dell'affresco in Alatri”, Ipzs, Roma, 1990.
Annunziato Polidori - Castro dei Volsci
Chi era:
Nata a: Castro dei Volsci il 25 marzo 1870 - Morta il: 1° dicembre 1955.
Nacque a Castro dei Volsci, da Giuseppe e Anna Maria Rinna, il 25 marzo 1870. Dedicatosi agli studi ecclesiastici tra i Padri Somaschi, divenne sacerdote e dotto professore di Lettere. Insegnò nei più rinomato istituti di Roma e per più di un decennio fu a Tripoli, in Libia, per svolgervi il suo apostolato di Missionario e di Maestro.
Qui fondò un fiorente Ginnasio, del quale divenne preside solerte e zelante. Ma oltre che come uomo di chiesa e di lettere, don Annunziato Polidori è ricordato anche come inventore. A lui si deve infatti la realizzazione di un'apparecchiatura d'allarme aereo per la difesa nazionale: uno strumento che ebbe successo e che gli procurò una larga fama.
Morì a Castro dei Volsci il 1° dicembre 1955.
Bibliografia:
- Francesco Ambrosi, “Castro dei Volsci: storia e storie”, Edizioni Terra Nostra, Roma, 1980.
- Filippo Palatta, “Uomini illustri di Castro dei Volsci”, Edizioni Bianchini, Frosinone, 1997.
- W. Pocino, “I Ciociari. Dizionario bibliografico”, Roma, 1961.
Nacque a Castro dei Volsci, da Giuseppe e Anna Maria Rinna, il 25 marzo 1870.
Dedicatosi agli studi ecclesiastici tra i Padri Somaschi, divenne sacerdote e dotto professore di Lettere.
Insegnò nei più rinomato istituti di Roma e per più di un decennio fu a Tripoli, in Libia, per svolgervi il suo apostolato di Missionario e di Maestro. Qui fondò un fiorente Ginnasio, del quale divenne preside solerte e zelante.
Ma oltre che come uomo di chiesa e di lettere, don Annunziato Polidori è ricordato anche come inventore. A lui si deve infatti la realizzazione di un'apparecchiatura d'allarme aereo per la difesa nazionale: uno strumento che ebbe successo e che gli procurò una larga fama.
Morì a Castro dei Volsci il 1° dicembre 1955.
Bibliografia:
- Francesco Ambrosi, “Castro dei Volsci: storia e storie”, Edizioni Terra Nostra, Roma, 1980.
- Filippo Palatta, “Uomini illustri di Castro dei Volsci”, Edizioni Bianchini, Frosinone, 1997.
- W. Pocino, “I Ciociari. Dizionario bibliografico”, Roma, 1961.
Antonio Cocchi - Fumone
Chi era:
Nato a: Fumone il 18 luglio 1685 - Morto a: Firenze il 1° gennaio 1758
Nacque a Fumone, da Cesare e Anna Maria Fantuzzi, il 18 luglio 1685. Studiò a Firenze ed ebbe come docenti i Padri delle Scuole Pie. Si laureò in Filosofia e, dedicatosi poi agli studi di Medicina sotto la guida del professor Baglivi, detto l'Ippocrate di Roma, conseguì la laurea ad honorem in questa disciplina il 13 agosto 1704 con le congratulazioni della commissione che si espresse così nei confronti del Cocchi: “Non abscuro genere ortus, scientia preclarus, ingenio acutissimus, moribus modestus et omnium virtutum genere praeditus”.
Andò quindi ad insegnare anatomia nelle Università di Roma, Napoli, Pisa e Firenze. Di lui disse il Lanni: “Antonius Cocci, vir multiugi eruditione praestans et Xenofonte Efesio in latinum et greco converso, et publici iuris facto, allisque commentationibus edilis celebris”.
Diede alla luce opere argutissime, tra cui una lezione “De muscolis et motu muscolorum”, dedicata al serenissimo principe Francesco Maria Pico della Mirandola. Fu tenuto in grande considerazione dal Salvini, dal Micheli, dal Buonarroti, uditore del Granduca di Toscana, nonché da Isaac Newton, il famoso fisico, filosofo e matematico inglese; dai professori Lancisi, Morgagni, Bianchi, Chelucci e dai Cardinali Pico della Mirandola, Albani e Borghese.
La principessa di Galles lo chiamò a Londra, ma preferì rimanere nella corte di Francesco I, che lo nominò suo antiquario e medico nel Collegio Fiorentino. Fece parte dell'Accademia della Crusca ed è spesso menzionato nel Dizionario che quest'ultima diede alle stampe.
Fu anche membro dell'Accademia Romana (con il nome di Cistenio Soriatide), della Società Botanica e della Reale Società delle Scienze di Londra. Morì a Firenze il 1° gennaio 1758.
Bibliografia:
- Andrea Corsini, “Antonio Cocchi: un erudito del Settecento”, Milano, 1928.
- Silvano Chelini, “La scuola chirurgica lucchese in un manoscritto del '700: vita ed opere di Antonio Cocchi”, Edizioni Giardini, Pisa, 1968.
Annibaldo da Ceccano
Chi era:
Nato a:
Nacque a Ceccano nella seconda metà del XIII secolo, appartenne alla nobile famiglia Conti e fu il figlio di Berardo II e Perna Stefaneschi, nonché nipote di Annibaldo I, signore di Ceccano.
Fu un dotto prelato, teologo stimato e insegnante all'Università parigina della Sorbona. Notevoli erano anche le sue doti diplomatiche che lo portarono a ricoprire importanti incarichi per conto del pontefice Giovanni XXII, il quale lo nominò Arcivescovo di Napoli e, nel 1327, Cardinale Vescovo Tuscolano. Inoltre, in Francia, occupò la carica di Arcidiacono Atrebatense.
Fu impegnato nella difesa di San Tommaso d'Aquino, suo zio, nella disputa teologica sulla visione beatifica, e protesse Simone Martini, che lo ringraziò ricordandolo in un affresco dipinto nel Palazzo dei Papi ad Avignone. Fu anche uomo di lettere, amico del Petrarca, che gli indirizzò la prima epistola del libro VI nella quale si lamentava delle condizioni della Chiesa in riferimento alla corruzione e all'avarizia di tanti prelati. Scrisse in versi, molto lodati, la vita dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.
Legato Pontificio, fu più volte inviato in gravi circostanze presso i più potenti sovrani d'Europa, riuscendo grazie alle sue abilità a dipanare situazioni intrigate dal punto di vista politico. Durante il Giubileo del 1350, il Papa Clemente VI si trovava con tutta la curia ad Avignone e nominò suo rappresentante in Roma proprio il porporato ceccanese. Annibaldo aveva ricevuto per l'occasione poteri straordinari come l'inagurare le cerimonie religiose, il diritto di abitare nel palazzo pontificio, di usare il cerimoniale riservato al papa, di conferire cariche, di creare cavalieri e di togliere o comminare scomuniche.
Durante la permanenza a Roma, si rese inviso alla popolazione locale e, in un'occasione, fu fatto oggetto di un attentato che, per poco, non riuscì nell'intento di ucciderlo. Annibaldo attribuì la responsabilità di quell'episodio a Cola di Rienzo e ai suoi accoliti, che vennero per questo condannati. Oltre ad entrare in contrasto con l'effimera potenza di Cola di Rienzo, fu osteggiato per la sua decisione di ridurre i giorni obbligatori di permanenza a Roma per gli stranieri che volevano acquisire l'indulgenza: lo scopo era quello di ridurre l'affollamento in città, ma al contempo tolse i pellegrini dalle mani dei mercanti che speculavano sui prezzi. I romani inveirono contro il Cardinale ceccanese e quest'ultimo lanciò l'interdetto contro la città.
Fattasi difficile la situazione, Clemente Vi ritenne opportuno mandarlo in missione a Napoli. Nel suo viaggio verso Sud fu ospite, nella sua Ceccano, del fratello Tommaso. Riprese quindi il suo cammino e si recò all'abbazia di Montecassino. Il 16 luglio del 1350, mentre era diretto a Napoli, morì nel Castello di San Giorgio a Liri, probabilmente per avvelenamento, dal momento che con lui perirono molte persone del suo seguito. Il suo corpo fu imbalsamato e portato a Roma dove fu sepolto in San Pietro presso la tomba dello zio Giacomo Stefaneschi. Ad Avignone si erge ancora il suo palazzo, la livrée Ceccano, che oggi ospita una delle più importanti biblioteche di Francia.
Secondo il parere di molti studiosi, Annibaldo non fu mai eletto papa perché ai suoi tempi il pontefice e la curia erano in Avignone e il collegio cardinalizio era dominato dai francesi.
Bibliografia:
- Giuseppe Marchetti Longhi, “La chiesa di Santa Maria del Fiume e i cardinali Giordano e Annibaldo da Ceccano”, 1951.
- AA. VV., “Annibaldo de Ceccano”, Ceccano, 2003.
- Stefania Alessandrini, “Annibaldo de Ceccano e il suo tempo”, Ceccano, 2004.