Altri personaggi
Alberto Fantacone - Esperia
Chi era: militare e partigiano nella Resistenza
Nato a: Roma il 25 Settembre 1916 - Morto a Roma: il 24 marzo del 1944
Nacque a Roma il 25 settembre 1916 da una famiglia originaria di Esperia. È stato un militare ed un partigiano nella Resistenza, perito nell'eccidio delle Fosse Ardeatine.
Una volta arruolatosi, venne inviato a combattere sul fronte greco–albanese con il grado di Tenente del 2° Reggimento Bersaglieri. Durante un aspro conflitto a Kiorkuzat riportò gravissime ferite alla gamba sinistra e per questa ragione rientrò in Italia e posto temporaneamente in congedo.
Venne insignito della croce di guerra e riprese gli studi, che aveva abbandonato a causa delle operazioni belliche, riuscendo a laurearsi in Giurisprudenza all'Università di Roma “La Sapienza”. L'8 settembre del 1943 si trovava di stanza nel Distretto militare di Arezzo e rifiutò di aderire alla Rsi. Con moglie e figlia lasciò quindi la Toscana, spostandosi a Roma. Nella Capitale entrò nella Resistenza e fece parte della Banda Neri, formazione del Partito d'Azione, con il compito di procurare falsi documenti ai compagni. Tradito da alcune spie, venne arrestato dalle SS, tradotto nel carcere di Via Tasso e quindi nel carcere di “Regina Coeli”, nel braccio dei detenuti politici.
Fu torturato a più riprese, ma non gli sfuggirono informazioni utili ai nazisti. Il 24 marzo del 1944 fu trucidato alle Fosse Ardeatine. Ha avuto la decorazione della Medaglia d'Argento al Valor Militare alla memoria. L'Amministrazione comunale di Esperia ha dedicato una strada del paese ad Alberto Fantacone.
Bibliografia:
- Robert Katz, “Morte a Roma. Il massacro delle Fosse Ardeatine”, Il Saggiatore, Milano, 2004.
- Alessandro Portelli, “L'ordine è già stato eseguito: Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria”, Donzelli, 1999.
Alberico da Settefrati "il Visionario"
Chi era: Monaco Benedettino
Nato a: a Settefrati nell'anno 1101 - Morto a: Atina nel 1154
Alberico da Settefrati, detto il Visionario, nacque da famiglia nobile a Settefrati nell'anno 1101. È stato un monaco che ha operato nell'Abbazia di Montecassino e protagonista di una visione onirica in cui narra di aver viaggiato nell'oltretomba. Alla tenera età di 10 anni, infatti, verso l'anno 1111, fu sopraffatto come da un languore mortale e ridotto quasi in fin di vita. Rimase nove giorni e nove notti immobile, privo di conoscenza, come in una sorta di catalessi che venne definita anche come uno stato di estasi prodigiosa. In tali condizioni ebbe una mirabile visione che poi, ritornato in sé, raccontò minuziosamente.
Riferì difatti di aver visto in spirito San Pietro che lo aveva condotto ad osservare le pene dei dannati nel baratro dell'inferno, il fiume del purgatorio e lo splendore dei santi in paradiso.
Dopo la misteriosa visione, il giovane Alberico rinunciò alle cose del mondo per militare nell'esercito di Cristo e professò la vita monastica nel cenobio di Montecassino, dove venne ordinato sacerdote nel 1124, vivendo in seguito una vita all'insegna dell'austerità e della penitenza, camminando sempre a piedi nudi, con tanta umiltà e contrizione che molti, traendo esempio dal suo comportamento, furono indotti a credere alle pene dell'oltretomba.
La sua visione fu scritta da un monaco cassinese, Guidone, per ordine dell'abate Gerardo (1111-1123), ma poiché nella narrazione di Alberico molti elementi furono aggiunti, tolti e cambiati, l'abate Senioretto, nel 1127, ordinò la revisione del racconto per riportarlo alla genuina verità, il che fu fatto da Pietro Diacono.
La prodigiosa visione è riportata nel codice cassinese manoscritto n ° 257 ed ha grande importanza per la storia della letteratura italiana.
La visione racconta di come Alberico, sollevato in aria da una colomba bianca e accompagnato da San Pietro e dai due angeli Emanuele ed Eligio, visitasse dapprima le pene infernali, con crescendo di intensità che varia con l'età dei dannati e con la gravità del peccato: gli adulteri, gli infanticidi, i padroni ingiusti verso i loro sottoposti, gli omicidi, i vescovi che hanno tollerato preti spergiuri e adulteri sono immersi in un luogo ardente di fuoco. Nel cuore dell'Inferno c'è un enorme drago incatenato, che inghiotte con la bocca di fuoco moltitudini di anime: qui si trovano Giuda Iscariota, Anna, Caifa ed Erode. In altri luoghi infernali sono puniti gli ecclesiastici che hanno abbandonato il loro abito e i falsi testimoni. Dopo essere caduto nel pozzo dell'inferno, con l'intervento di San Pietro raggiunge un campo profumato di gigli e rose, dove le anime godono in letizia del “refrigerium”.
In mezzo al campo c'è il Paradiso vero e proprio, dove le anime entreranno dopo il giudizio universale. Ma gli angeli e i santi vi sono già ammessi: tra di essi un posto preminente spetta alla figura di San Benedetto da Norcia. Nella visione non è presente in modo chiaro il Purgatorio: vi si parla di un ponte su un fiume “purgatorio” dove le anime riescono a passare se sono leggere, perché cariche di pochi peccati.
Sicuramente la visione fu tenuta presente da Dante Alighieri nel rappresentare le pene e la gloria della vita futura. Il poeta fiorentino, nei suoi viaggi a Napoli, verso il 1290-97, dovette sostare qualche tempo nel celebre monastero di Montecassino e qui ebbe probabilmente occasione di consultare il manoscritto, da cui trasse l'idea del suo mistico viaggio attraverso l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso.
Le analogie tra la visione di Alberico e il poema dantesco, come ebbero già a rilevare il Mazzocchi, il Cancellieri, il Tosti ed altri, presentano tali identità di circostanze che non si può dubitare della loro affinità e dipendenza. Ad ogni modo, tale visione fu una soltanto delle possibili fonti, del sostrato culturale cui l'ala del genio dantesco seppe imprimere un'impronta di altissima e inconfondibile originalità. La visione di Alberico ha però contribuito notevolmente alla definizione e alla percezione della credenza del Purgatorio, come ben spiegato anche dallo studioso francese Le Goff.
Nel 1150 Alberico da Settefrati fu destinato a Preposito del monastero di Santa Maria dell'Albaneta, di pertinenza cassinese e situato con tutta probabilità nel territorio di Atina, dove morì nell'anno 1154. E' chiamato anche Alberico “junior” per distinguerlo dall'omonimo Alberico da Settefrati, altro monaco dell'abbazia di Montecassino, che fu uno dei maestri della retorica medioevale e che nacque nell'anno 1008.
Bibliografia:
- Aniceto Venturini, “La gloria del mio paese, ovvero I due Alberici da Settefrati: profili biografici”, Tip. Romana, Sora 1880
- Achille Lauri, “Due benedettini di Montecassino: Alberico il Visionario e Alberico il Cardinale, da Settefrati”, Roma, 1911.
- Maria A. Cedrone, “Alberico da Settefrati e la sua visione predantesca”, Graficart edizioni, Formia 2005
- Corrado Gizzi, “Il ponte del capello”, Ianieri edizioni, Pescara, 2008
Agostino Carducci - Arce
Chi era: docente e medico
Nato a: nacque ad Isoletta di Arce il 13 dicembre 1873 - Morto a: Roma il Roma il 22 agosto 1970
Fu libero docente in patologia speciale medica nel 1905 e in clinica medica nel 1917; nel 1937 fu nominato aggregato clinico dell'Università; dal 1944 al 1948 fu direttore generale sanitario del policlinico Umberto I e dal 1949 al 1954 dell'ospedale Santo Spirito di Roma. Si è formato secondo la tradizione ospedaliera romana con una eccellente preparazione teorica, basata soprattutto sull'anatomia patologica appresa alla scuola di Ettore Marchiafava e con la costante, minuziosa osservazione al letto del malato, il Carducci si segnalò inoltre come valente clinico. Maestro di numerosi giovani medici, nel 1933 fondò con Bastianelli la Scuola medica ospedaliera, della quale fu poi presidente.
Fu socio ordinario anche della Società Lancisiana e della Società Italiana di Medicina interna, ed ebbe al suo attivo numerose, pregevoli pubblicazioni, apparse sulle maggiori riviste italiane del settore. La sua produzione scientifica fu vasta e toccò vari campi della patologia e della clinica medica, dalla semeiotica all'anatomia patologica, alla terapia, sempre orientata in senso eminentemente pratico: nella discussione dei casi, nella sistemazione nosografica di alcuni processi patologici, nella ricerca delle cause di determinate malattie, nella messa a punto di precisi schemi terapeutici, affrontò e risolse con metodo clinico vari problemi prospettatigli dalla quotidiana esperienza nelle corsie.
Curò articoli sulla patologia cardiovascolare, sulle malattie del sangue, sulle febbri tifoidee e paratifoidee, ma Agostino Carducci divenne noto soprattutto per i suoi studi sulle encefaliti, sulle recidive malariche e sulla febbre bottonosa.
Subito dopo la prima guerra mondiale, ebbe modo infatti di osservare numerosi casi di encefalite letargica, ricoverati dal 1919 al 1920 al policlinico Umberto I di Roma durante la diffusione epidemica della malattia, conseguenza della spagnola; l'accurato studio clinico che condusse gli consentì di distinguere le varie forme, delle quali dette una mirabile descrizione in “Sulla così detta encefalite letargica”.
Si occupò della ricerca sulle cause, e quindi del metodo di cura, delle recidive malariche, proponendo la somministrazione del chinino in modo discontinuo per varie settimane: argomenti apparsi in “Sulla cura e sulla causa delle recidive nella malaria” e “Nuove ricerche sul modo di evitare le recidive nella malaria”.
Nel 1920 descrisse una malattia, della quale aveva osservato il primo caso dieci anni prima, caratterizzata da febbre continuo-remittente e da un'eruzione papulonodulare in “Su una speciale febbre eruttiva”. Carducci mise in evidenza soprattutto il carattere di non contagiosità della malattia, che permetteva di differenziarla nettamente dal tifo esantematico. Più tardi il Carducci espose dettagliatamente l'etiologia e le caratteristiche della malattia, che è ancor oggi designata come febbre bottonosa di Carducci. Nel 1915 gli fu concessa la medaglia d'argento per l'opera svolta a favore dei terremotati della Marsica. Morì a Roma il 22 agosto 1970.
Bibliografia:
- W. Pocino “I Ciociari. Dizionario biografico”, Roma, 1961.
Alberico Anserici - Settefrati
Chi era: Monaco Benedettino
Nato a: Settefrati nell'anno 1008 - Morto a: Roma nel 1088
Appartenne all'Ordine Benedettino Cassinese e visse per diverso tempo nel Monastero di San Domenico e del Santo abate scrisse la vita, verso l'anno 1060, spronato in quest'opera dal suo amico Dodone, la quale resta la più autorevole biografia del santo di Foligno, perché desunta dalla viva voce dei discepoli immediati al Maestro, oltre al fatto che fu redatta “in loco”: quindi, presenta le massime garanzie di precisione e autenticità storiche. L'opera fu pubblicata dai Bollandisti e dal Mabillon e, nel 1951, è apparsa in una nuova edizione critica sulla rivista “Benedictina”.
Fu elevato per la sua santità e dottrina ai fulgori della porpora dal Papa Alessandro II. Nel Concilio Romano del 1079 difese strenuamente la reale presenza di Cristo nell'Eucaristia, contro l'eretico Berengario, con il suo celebre trattato “De Corpore Domini”. Dopo la strepitosa vittoria della mirabile difesa del settefratese sull'eresia di Berengario, la Chiesa introdusse nella Messa la devota azione liturgica dell'elevazione dell'Ostia e del Calice, quasi celeste melodia fra cielo e terra per l'adorazione delle sacre specie da parte dei fedeli. Cantò in nobili versi le glorie di Maria, difendendone la sua verginità ed inneggiando al trionfo della sua gloriosa Assunzione al cielo, quasi mille anni prima che fosse definito compiutamente quale dogma di fede.
Aveva compiuto i suoi studi a Montecassino ed era reputato “vir aetate sua literarum princeps”. Era amico di San Pier Damiani; aveva dato alla luce dotte opere di filosofia, teologia, agiografia e poesia sacra. L'archivista di Montecassino Don Mauro Iguanez pubblicò, nel 1932, sul “Bollettino Storico Italiano”, alcuni suoi inni inediti in onore di San Domenico, riboccanti di fede e di poesia, desunti dal codice manoscritto n° 199 conservato presso l'abbazia cassinese. Morì a Roma nel 1088.
È spesso indicato come Alberico “senior” per distinguerlo dall'altro Alberico da Settefrati, protagonista della visione dell'Inferno, del Purgatorio e del Paradiso.
Adalgiso Ferrucci - Pico
Chi era: Tenente Colonnello del Regio Esercito
Nato a: Pico il 10 maggio 1891
Bibliografia:
- W. Pocino, “I Ciociari. Dizionario bibliografico”, Roma, 1961.