Altri personaggi
Aniceto Ferrante - Alvito
Chi era:
Nato a: Alvito nel 1823 - Morto: ad Alvio nel 1883
Nacque ad Alvito nel 1823, figlio di Giovan Battista e Caterina Panicali Rossi. Rinunciò alla ricca primogenitura per entrare nell'ordine religioso dei Filippini di Napoli. Qui, appena nominato sacerdote, divenne noto e popolare per le conoscenze dottrinali ed il suo stile di vita sobrio.
Oratore sacro, confessore ambitissimo, fu adibito dai superiori e dalla curia arcivescovile ad uffici ed incarichi rilevanti e molto delicati, stimato e tenuto in grande considerazione da Papa Pio IX.
Intrattenne relazioni con scrittori, letterati, vescovi e cardinali tra cui il cardinale Capocelatro, legati da una fortissima amicizia. Si dedicò alla scrittura di libri di ascetica, di polemica, di vite di santi, omeliari. Tra le sue opere più note le biografie del Venerabile Giovenale Ancina, di San Francesco Caracciolo, di San Pietro d'Alcantara, di Santa Francesca dalle cinque piaghe e di San Vincenzo Ferreri.
Fu nominato vescovo di Gallipoli, nel Salento, nel 1873, ma dopo pochi anni fu costretto a rinunciare al vescovado a causa dei suoi seri problemi di salute. Nel 1879 si ritirò nel suo paese natale con il titolo di Vescovo di Callinico. Morì ad Alvito nel 1883.
Bibliografia:
- Alfonso Capecelatro, “Ricordo di mons. Aniceto Ferrante”, Ranieri Guasti, Prato, 1883.
- Torquato Vizzaccaro, “Atina e Val di Comino”, Lamberti, Cassino, 1982.
- Elio Pindinelli, “Mons. Aniceto Ferrante Vescovo di Gallipoli e un'inedita cronaca del suo solenne “primo ingresso” in Diocesi”, Gallipoli, 1994.
Angelo Andrea Santilli - Sant'Elia Fiumerapido
Chi era: Filosofo e Poeta
Nato a: a Sant'Elia Fìumerapido il 28 ottobre 1822
Nacque a Sant'Elia Fìumerapido il 28 ottobre 1822. Era figlio di Silvestro, medico condotto e sindaco del paese fra il 1827 e il 1829, e di Giuseppa Mancini.
Fu filosofo, poeta e oratore apprezzato, nonché autore di importanti studi pubblicati su diverse riviste italiane.
Completò gli studi superiori e quelli universitari a Napoli, avendo per maestri, fra gli altri, Francesco Murro ed il filosofo Pasquale Galluppi. Suoi compagni di università furono: Francesco De Sanctis, Luigi Settembrini, Silvio e Bertrando Spaventa, Antonio Scialoja, Giuseppe Fiorelli e Pasquale Stanislao Mancini. La sua straordinaria cultura, all'età di venti anni, lo rese già molto famoso ed alte personalità del mondo ecclesiastico, culturale ed accademico lo vollero come amico.
Si laureò prima in Giurisprudenza, nel 1842, e successivamente in Filosofia. Ebbe stretti rapporti epistolari con il Cardinale Gizzi (Segretario di Stato di Papa Pio IX), con Terenzio Mamiani e con il filosofo francese Victor Cousin, tramite il quale entrò in contatto con il socialismo utopico europeo e soprattutto di Saint Simon, Comte e Proudhon.
Questi contatti lo portarono su posizioni politiche da neoguelfista giobertiano e partecipò attivamente ai movimenti risorgimentali napoletani fin quando, il 15 maggio del 1848, a seguito dei moti insurrezionali di quei giorni, fu trucidato a baionettate dai soldati svizzeri al soldo dei Borboni ed il suo corpo gettato in una fossa comune.
I suoi scritti, che non finirono dispersi se non bruciati, nella notte stessa in cui fu ucciso, sono stati raccolti e pubblicati nel 1893 dal professor Mario Mandalari, su antico desiderio di Francesco De Sanctis. Vanno ricordati: “Le idee soggettive” (1842); “Il socialismo in economia” (1846); “Individuo e società” (1846) e, poi, epistolari, poesie, saggi filosofici e molti articoli da lui scritti sui giornali di Napoli, dei quali fu fondatore e direttore: “Critica e Verità” e “L'Enciclopedico”.
Scrisse anche importanti articoli sulla Divina Commedia e, appena, venne formata a Napoli l'Accademica Letteraria con il titolo “Società Dantesca”, l'allora ministro dell'interno ne elesse presidente il Santilli.
A Sant'Elia Fiumerapido, dopo l'Unità d'Italia, l'Amministrazione comunale del tempo decise di intitolare alla sua memoria l'antico Corso Dante, la strada principale del centro storico; alla figura del Santilli è anche dedicata, dal 1981, la locale Scuola Media Statale.
La sua opera culturale e politica è ancora oggi ricordata da due lapidi commemorative che si trovano una a Sant'Elia Fiumerapido, sulla facciata della sua casa natale, e l'altra a Napoli, sulla facciata della casa di Largo Monteoliveto, dove Santilli abitò e fu ucciso.
Bibliografia:
- Benedetto Di Mambro, “Sant'Elia Fiumerapido ed il Cassinate: antologia storica - archeologica – epigrafica”, Tipografia Pontone, Cassino, 2002.
- Benedetto Di Mambro, “Il romanzo della vita di Angelo Santilli”, 2000.
- M. Mandelari. “Memorie e scritti di Angelo Santilli”, Roma, 1893.
Angelo Cerica - Alatri
Chi era: Comandante generale dell'Arma dei Carabinieri e politico
Nato a: Alatri il 30 settembre 1885 - Morto a: Roma nel 1961
Nacque ad Alatri il 30 settembre 1885. Studiò nel Liceo Classico “Conti Gentili” e, presa la licenza superiore, si dedicò alla carriera militare, prendendo parte alle due guerre mondiali e raggiungendo il grado di Generale di Corpo d'Armata nell'Arma dei Carabinieri.
Fu comandante superiore dei Carabinieri nel corpo di spedizione nell'Africa Orientale e Settentrionale tra il 1940 e il 1941, quindi comandò la brigata e la divisione di Roma.
Rientrato in Italia, assunse il ruolo di Comandante generale dell'Arma dei Carabinieri dal 23 luglio all'11 settembre 1943 e, in tale veste, organizzò l'arresto di Benito Mussolini, deposto dopo il 25 luglio. Una volta venuto a conoscenza dell'esito della riunione del Gran Consiglio del fascismo, si rivolse ai suoi sottoposti con le seguenti parole: “Vi affido un compito di estrema gravità per il quale so di non fare invano appello al vostro alto senso del dovere. Oggi, fra qualche ora anzi, voi dovete arrestare Mussolini che, messo questa notte in minoranza nella seduta del Gran Consiglio del fascismo, si recherà dal sovrano e sarà sostituito nelle sue funzioni di capo del governo...”.
Gestì con estrema calma il difficile momento dell'8 settembre, diramando l'ordine a tutti i comandi e le stazioni dei Carabinieri di restare al proprio posto e di continuare a svolgere il proprio servizio.
Il giorno dopo, sulla Via Ostiense a Roma, insieme ad un battaglione di allievi Carabinieri combatté contro i tedeschi. Qualche giorno dopo il Comando Generale dell'Arma veniva sciolto dai tedeschi e, ricercato dai nazisti, Angelo Cerica si rifugiò il 13 settembre sulle montagne dell'Abruzzo unendosi alla resistenza partigiana, cui diede il suo contributo per nove mesi.
Nel 1945 venne incaricato dal ministro della guerra Alessandro Casati di comandare la delegazione dello Stato Maggiore e diresse la lotta di liberazione di Firenze contro le forze naziste.
Dall'aprile al giugno del 1945 fu Comandante Militare dell'Emilia Romagna. Ricevette dal presidente degli Usa Harry Truman la “Medal for Freedom Silver Palm”. E questa fu la prima di una serie di riconoscimenti, in quanto vantava una Medaglia d'Argento al Valor Militare (sul campo), una Croce di guerra al valore, cinque Croci di Guerra al merito, una decorazione polacca, la Croce d'oro per anzianità di servizio, oltre ad altre onorificenze: la Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia, la Gran Croce dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia, il titolo di Commendatore del Sovrano Ordine di Malta e di Commendatore dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.
Dal maggio 1947 fu presidente del Tribunale Supremo Militare, carica che mantenne fino al 1951. Terminato il conflitto si è dedicato all'attività politica, venendo eletto Senatore per la Democrazia Cristiana nelle prime tre legislature della Repubblica Italiana. È stato presidente della IV Commissione permanente del Senato (Difesa); ha fatto parte della Commissione ratifica decreti legislativi; ha preso attiva parte ai lavori parlamentari svolgendo relazioni su importanti leggi e prendendo la parola particolarmente nel settore della politica estera e militare.
Morì a Roma nel 1961. L'Amministrazione comunale di Alatri gli ha dedicato nel 2005 la Via Circonvallazione che collega Porta San Pietro a Porta San Francesco.
Bibliografia:
- F. Caruso, “I Carabinieri d'Italia”, Roma, 1948.
- Raffaele Cadorna, “Il sen. Angelo Cerica commemorato dal sen. Raffaele Cadorna”, Tipografia Agi, Roma, 1962.
Angelo De Tummulillis - Sant'Elia Fiumerapido
Chi era: Segretario nella Corte di Napoli
Nato a: Sant'Elia Fiumerapido nel 1397
Il suo vero nome era Angelo Tummulillo o, più esattamente, Angelus Tummulillus, come lo stesso era solito firmarsi nei documenti. Era figlio di Giovanni, notaio a Sant'Elia e seguì le orme del padre soleva firmarsi) ed era nato a S. Elia nel 1397. Figlio del notaio Giovanni, fu notaio anche lui e, dal 1427 al 1435, entrando quindi con questo ruolo e in seguito con quello di segretario nella Corte di Napoli, al servizio della Regina Giovanna II d’ Angiò.
Dopo la morte di quest’ultima, Angelo ritornò a Sant'Elia per esercitare il mestiere di notaio, ma nel 1460 lo troviamo ancora una volta a Napoli, sempre con l'incarico notarile, fra i partecipanti alla riunione del Parlamento Generale del Regno, indetta da Re Ferdinando I d’Aragona per stabilire le misure da adottare contro l’invasione del Duca Giovanni d’ Angiò. E' lo stesso Tummulillo a parlarci di quegli avvenimenti.
Eccellente cronista, è l'autore delle “Notabilia Temporum”, scritta nel 1470, una sorta di diario utilissimo poiché contiene notizie di grande interesse per la storia medievale delle province napoletane; descrive inoltre con dovizia di particolari il territorio di Sant'Elia, soffermandosi sulle guerre che interessarono il centro, i terremoti, le esondazioni del fiume Rapido, le pestilenze. L'opera contiene numerose illustrazioni, tra cui spicca quella in cui l'autore descrive una “trave di fuoco” vista nel cielo durante il regno di Enrico IV (febbraio 1465), che ha attirato l'attenzione degli studiosi di fenomeni celesti. Nel 1890 l'opera fu pubblicata da Corsivieri nelle “Fonti per la storia d'Italia” a cura dell'Istituto Storico Italiano.
Non si conosce con precisione la data della morte di Angelo Tummulillo, databile comunque nel periodo compreso tra il 1480 e il 1485.
Il suo nome mutato in Angelo De Tummulillis ci è stato tramandato a partire dalla seconda metà del ‘600, così come cominciarono a trascriverlo i cronisti dell’epoca. A lui era intestata, fino al tempo della Seconda Guerra Mondiale, l'attuale Via Roma, nel centro di Sant'Elia Fiumerapido, dove, oggi, nulla più lo ricorda.
Bibliografia:
- Benedetto Di Mambro, “Angelo De Tumulillis”, Sant'Elia Fiumerapido, s. d.Benedetto Di Mambro, “Sant'Elia Fiumerapido ed il Cassinate: antologia storica - archeologica – epigrafica”, Tipografia Pontone, Cassino, 2002.
- Giovanni Cherubini, “Pellegrini, Pellegrinaggi, Giubileo nel Medioevo”, Edizioni Liguori, Napoli, 2005.
Amleto Cataldi - Castrocielo
Chi era: Scultore
Nato a: Napoli nel 1882 - Morto a: Roma nel 1930
Nacque a Napoli nel 1882, figlio di una famiglia originaria di Castrocielo e Roccasecca, e fu un apprezzato scultore, molto conosciuto negli ambienti artistici romani.
E proprio a Roma, il giovane Amleto si trasferì per curare e migliorare la propria formazione artistica. Il suo esordio ufficiale avvenne nel 1907, quando vinse un premio alla rassegna degli amatori e cultori delle belle arti grazie alla realizzazione di un gruppo intitolato “L'ultimo gesto di Socrate”. Si conquistò così un'eccellente fama, che gli fece ottenere importanti commissioni. Molto apprezzati sono tuttora alcuni nudi femminili, armoniosi e garbati, come la fanciulla con anfora che orna una fontana a scogliera di Villa Borghese a Roma, sulla destra della Casina Valadier, o come la danzatrice velata del foyer del Teatro Politeama di Palermo. Sua è una delle quattro vittorie alate in bronzo delle testate del Ponte Vittorio Emanuele, sempre a Roma.
Altre sue opere importanti si trovano nel Villaggio Olimpico a Roma, dislocati nei vari parchi e giardini, dove si possono ammirare quattro gruppi scultorei realizzati negli anni '20 del '900, nel pieno della sua maturità. Si tratta di sculture in bronzo di proporzioni gigantesche raffiguranti quattro gruppi di due atleti ciascuno in procinto di esprimere le loro categorie sportive: giocatori di pallone, podisti, pugilatori, lottatori.
Al 1925 risale il monumento a Luigi Podesta, nato a Genova nel 1837 e, trasferitosi a Montevideo, dove divenne un attivo imprenditore. La statua si trova nel cimitero del Buceo nella capitale uruguaiana e rappresenta una “Flora”, stante su di un semplice basamento, abbigliata all’antica e con una corona in mano: la figura rimanda alla rinascita dopo la morte ma è sicuramente più laica rispetto a iconografie di maggior diffusione cimiteriale.
Dello stesso anno è la statua bronzea del cardinale Alessandro Ferrari che guarda la facciata del Santuario della Beata Vergine del santo Rosario a Fontanellato (Parma).
Nel febbraio del 1926 Amleto Cataldi partecipò, insieme a molti altri artisti italiani, alla “Exhibition of Modern Italian Art” tenutasi a Brighton (Gran Bretagna), che, insieme ad altre mostre, costituì per l'Accademia d'Italia l'occasione di illustrare al mondo degli intellettuali i lavori e i progressi delle avanguardie italiane.
Sempre al 1926 risale il monumento ai caduti di Fossacesia (Chieti), gruppo bronzeo raffigurante una Vittoria alata che protegge due soldati, mentre sorreggono il corpo di un caduto. L'opera fu inaugurata alla presenza del Principe Ereditario Umberto di Savoia per ricordare gli oltre 80 giovani fossacesiani caduti in combattimento durante la Prima Guerra Mondiale ed oggi è dedicato ai caduti di tutte le guerre.
Nel 1928 gli venne commissionata la realizzazione del Monumento ai Caduti nella città di Foggia, inizialmente collocato in Piazza Umberto Giordano e posto ora in Piazzale Italia.
Nel marzo del 1929 gli fu affidato l’incarico di realizzare nel quartiere romano del Nomentano, tra Via Carlo Fea e Viale XXI Aprile, il monumento ai finanzieri caduti per la Patria durante la prima guerra mondiale, realizzato in blocchi di peperino di Viterbo e ornato da statue bronzee. Amleto Cataldi vinse il concorso bandito per l'occasione, superando artisti del calibro di Attilio Selva e Alfio Fallica. Il monumento venne terminato nel giugno del 1930 ed inaugurato l'8 dicembre di quell'anno.
Ancora del 1929 è il monumento a Luigi – meglio conosciuto come Giggi – Zanazzo, scrittore, poeta e studioso della cultura popolare romana. L’opera è stata apposta all’inizio di via dei Delfini, a fianco della chiesa di Santa Caterina dei Funari, sulla parete della casa in cui Luigi era venuto alla luce il 31 gennaio del 1860. Sotto al busto del poeta, affiancato da due putti nudi, si legge la dedica: “Al poeta Giggi Zanazzo / che dell'anima popolare romana / seppe esprimere il riso e la tenerezza / con accenti d'arte non perituri / i concittadini memori / XXXI GENNAIO MCMXXIX XVII E.F.”. Sulla destra, sono scolpiti dei versi di Zanazzo: “Da la loggetta / di casa mia m'affaccio / e guardo in giù / vedo la strada / vedo la piazzetta”.
Molte sue opere si trovano oggi presso alcune collezioni private, in Italia, in Francia e negli Usa. Amleto Cataldi si è spento a Roma nel 1930.
Bibliografia:
- Alessandro Venditti, “Amleto Cataldi, romano d'adozione”, Roma, 2008.
- Michele Santulli, “Amleto Cataldi”, Frosinone, 2010.