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Antonio FazioLa Ciociaria, terra del rustico calzare discendente del soccus romano, sorta di mocassino adatto a camminare su terreno fangoso, si estende a sud della Campagna romana fino a comprendere parte della Terra di Lavoro: i campi fertili delle valli del Liri e del Garigliano. Nell’antichità queste terre comprendevano il lembo meridionale del Latium vetus e il Latium adiectum.
 
La valle Latina, antica e sicura via di comunicazione tra Roma e Napoli – l’Appia, attraverso le paludi pontine, viene aperta da Appio Claudio il cieco solo alla fine del IV secolo – era fiancheggiata dalle città fortificate di Ardea, Anagni, Alatri, Arpino, Ferentino fino a Veroli e Atina; città fondate secondo la leggenda da Saturno, protette da maestose mura megalitiche, illustrate nella bella monografia di Marianna Dionigi. Più a sud nella valle si trovano Aquinum e Casinum fino a i bordi della Campania felice. Da Atina, potente perché già in età arcaica lavorava il ferro per produrre armi, partirono le schiere che, insieme a quelle venute da Ardea, da Tivoli la superba, da Antenne e da Crustumerio, insorsero contro Enea. Così Virgilio nel Libro VII dell’Eneide.

Gli Ernici, popolo delle pietre, abitavano le montagne; gli Ausoni, popoli delle fonti, vivevano nelle pianure; più a sud erano le terre dei Volsci, gli Osci guerrieri. Gregorovius nel suo viaggio nel basso Lazio, fino a Casamari, Arpino e Sora, ricorda di aver provato sull’Acropoli di Alatri, mentre mirava la valle sottostante e le città turrite sui monti, un’emozione più forte di quella provata sul Colosseo. A Sora ricorda i char-à-banc, gli sciarabà del dialetto locale. La conquista del Mezzogiorno da parte di Roma si arrestò per un secolo e mezzo lungo la riva destra del Liri.
 
Con le battaglie di Cominium e Aquilonia, nel 292, presso Atina nella Valle di Comino, superata definitivamente la resistenza sannitica, poteva riprendere l’espansione verso il Sud. Dalle nostre terre, già da tempo romanizzate, provengono, nel periodo repubblicano, Caio Mario e Lucio Munazio Planco, generale di Giulio Cesare, fondatore di Lione e Basilea. Cicerone, dalla sua villa ai piedi di Arpino scriveva all’amico Attico invitandolo a immergere le mani nelle chiare acque del Fibreno, ancor oggi limpide e fredde. Il cristianesimo penetra nella nostra terra fin dai primi secoli. Molte tradizioni tendono a collegare l’origine di diverse diocesi del sud del Lazio con i tempi apostolici.

Dopo la caduta dell’Impero e le devastazioni barbariche, l’abbandono dei campi e l’inselvatichimento della campagna, con l’arrivo di Benedetto si riaccende, nel VI secolo, la civiltà sul Monte Cassino.
 
L’ondata devastatrice dei Longobardi getta ancora nella desolazione le valli e le terre della pianura. Le sparute popolazioni si rifugiano nelle antiche città sui monti. I figli di Benedetto tornano a ricostruire l’Abbazia già nel VII secolo; riprendono gli studi, riannodano i legami con la cultura classica, inventano nuove forme di scrittura, tornano a coltivare i campi della pianura attraverso la colonia e la mezzadria.
 
A partire dal IX secolo l’Abbazia è punto di incontro e di fusione tra i Franchi e i Longobardi. Fiorisce l’economia curtense, le antiche città lentamente si ripopolano. Nel XI secolo Monte Cassino è al culmine della sua potenza; l’altra grande fondazione benedettina legata ai Longobardi, San Vincenzo alle sorgenti del Volturno, dopo la distruzione dei Saraceni nell’ottobre dell’882, non riuscirà più a tornare all’antico splendore. (…)
 
Tratto da “Veroli – Thesaurus Ecclesie Est Hic” Edizioni Casamari, 2000
 
 

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