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Introduzione

Questa è la Ciociaria, una terra che confina con il Lazio, la Campania e l’Abruzzo. Essa è nota a tutti soltanto come una regione dove la gente porta ai piedi la “ciocia” e balla il “saltarello”, dove le donne si coprono le spalle col fazzolettone che nel celebre stornello fa rima facile con Frosinone. Eppure non lontano da qui è Cassino, ultimo segno di una secolare sofferenza. È una terra di passaggio e di razzie, che fu sempre calpestata nei secoli da cento eserciti diversi: etruschi, romani, normanni, saraceni, spagnoli. E anche ieri eserciti di ogni parte del mondo, e per ultime le orde marocchine lasciarono qui ferite inguaribili, sfregi innominabili. In tali offese antiche e nuove, è forse da ricercare l’origine del carattere così cupo dei ciociari, diffidenti dell’altrui sentimento e tanto gelosi del proprio, pronti all’ira come alla gioia, fieri e spacconi, spietati nel soffrire e nel far soffrire... Sono nato anch’io da queste parti, e conosco molte storie accadute qui. Ho visto per tanti anni accendersi passioni, nascere drammi, aprirsi segreti inaccessibili forse a chi è straniero, a chi ignora costumi e il dialetto laconico di questa gente.
Questa è la voce di De Santis che introduce Non c’è pace tra gli ulivi. Il regista ciociaro, con queste poche parole, riesce a descrivere al meglio la gente della Ciociaria. Ciò che si può trovare in questa terra, come le mura ciclopiche, i resti archeologici dell’epoca romana, i castelli e le fortificazioni medioevali, i borghi, i monasteri e le grandi abbazie sono la testimonianza di una terra di passaggio piena di storia.
La Ciociaria è un territorio indefinito geograficamente, vi è inclusa la provincia di Frosinone, il basso Lazio e quei paesi a sud della provincia di Latina. Anticamente, prima dell’unità d’Italia, la Ciociaria, come oggi la definiamo, era divisa in due dallo Stato Pontificio e dal Regno delle Due Sicilie. Il termine Ciociaria nella storia è stato accostato anche al fenomeno del brigantaggio diffuso nell’800, quando alcuni territori attorno a Roma spesso cadevano sotto l’anarchia di governi popolari. L’origine etnica del termine Ciociaria viene legato alla famosa tradizione della ciocia, calzatura usata nelle campagne: in realtà la ciocia non appartiene solamente alla cultura folkloristica del Lazio, ma veniva usata, anche se in forme simili e non uguali, in tutto il sud Italia. Nei paesi Balcani la ciocia era chiamata anche zampitto.
La Ciociaria è una terra caratterizzata soprattutto dalle tradizioni folkloristiche, palii tra contrade, usanze legate al mondo agricolo e religioso. Le processioni e il saltarello accompagnato dall’organetto, rappresentano la volontà del popolo ciociaro di preservare intatta l’autenticità della propria cultura contadina nei costumi.
La Ciociaria è anche una provincia di arte e cultura, soprattutto legata all’arte cinematografica. Il cinema ha saputo rappresentarla nel suo vero animo grezzo, ma anche in quello più profondo, puro e sensibile, come Francesco Dominici, protagonista di Non c’è pace tra gli ulivi, un uomo duro che è stato tradito dai suoi stessi compaesani, ma che vuole lottare, liberando la sua terra dal padrone per renderla libera. O come Cesira, della Ciociara, che viene tradita dalla sua stessa terra, la terra in cui è nata, dove trova la forza di reagire.
Anche nel cinema spesso il ciociaro viene descritto come un personaggio campagnolo ignorante e ingenuo, che sa parlare solo dialetto. A volte, però, il ciociaro è forte, duro, aspro come le sue colline, legato a ciò che è suo, ma capace di far del bene, come dice la canzone che apre un altro film di De Santis, Giorni d’amore: gente superba ma di cuore buono.

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