Alberto Bragaglia
Chi era: Teorico dell’arte e “pictor philosophus”
Nato a: Frosinone, il 26 gennaio 1896
Nasce da Maria Tassi Visconti, nobildonna romana e dall’ingegnere Francesco, anch’egli frusinate, meglio noto come ‘Sor Checchine’, quando, nel primo Novecento, fa parte del Consiglio Comunale del futuro capoluogo ciociaro. Verso il 1903, il padre si trasferisce con la famiglia a Roma e prende casa ai Banchi Vecchi, nel cuore della città. Alberto frequenta le scuole elementari, poi il ginnasio (presso le scuole Visconti e Mamiani) e già incomincia a formarsi all'arte e alla filosofia. Suoi amici di quel tempo sono Nino Bonazzi, allievo del pittore Amedeo Bocchi, e Sandro Agostinelli, che diventerà un famoso avvocato. Nel 1910, Alberto frequenta lo studio dei pittori Bocchi e Boccioni. Sua madre lo iscrive ai corsi di disegno e di studio del nudo dal vero. Alberto, ultimogenito di quattro fratelli, è l’unico a portare a termine gli studi universitari laureandosi in giurisprudenza nel 1920 e in filosofia nel 1923, anno di morte dell’amatissima madre. A Roma svolgerà l'insegnamento nei licei statali e incomincerà la sua vita di educatore filosofo. Insegnò fino al 1966. Il 30 giugno del 1927 sposa una ragazza, Ines Desideri, chiamata Nessy.
Nel frattempo, Marinetti aveva pubblicato il Manifesto del futurismo. Bastarono pochi mesi perché questo movimento investisse l'arte, la cultura, la vita di quel periodo. Alberto, come i fratelli, vi si trovò in mezzo. Alberto aveva già incominciato a scrivere una serie di saggi pubblicati nel “Tevere “ di Roma con lo pseudonimo di Alberto Visconti, ma determinante fu l'incontro con Enrico Malatesta che lo coinvolse nell'ambiente anarchico e rivoluzionario della capitale. Scrisse vari articoli su "Umanità Nova" con lo pseudonimo di Silverio Ormisda. Scrive la sua “Policromia spaziale astratta”, che nel 1919 pubblicherà sul giornale, fondato nel 1916 e diretto da Anton Giulio, "Cronache d'attualità". Nel 1918, i fratelli Anton Giulio e Carlo Ludovico, ormai ben introdotti nell'ambiente artistico romano, fondarono la Casa d'arte Bragaglia, una galleria d'arte indipendente, in via Condotti 21. Vi si organizzavano esposizioni d'arte di amici, soprattutto dell'ambiente futurista, dibattiti, conferenze, e si pubblicavano libri e riviste (oltre a "Cronache d'attualità", l'"Index", il "Bollettino della Casa d'arte Bragaglia"). La prima esposizione fu dedicata a Giacomo Balla; poi, fra le altre duecentocinquanta, nelle cinque gallerie della Casa, esposero Cangiullo, Depero, De Chirico, Cascella, Sironi, Viani, Evola, De Pisis, Boccioni, Rosai, Campigli, Sant'Elia.
Il fracasso futurista esasperò gli abitanti di via Condotti che li credevano anarchici, tanto che i fratelli Bragaglia furono sfrattati e dovettero trovarsi un'altra sede. Fu allora che Anton Giulio decise di fondare anche il Teatro degli Indipendenti. Trovarono la nuova sede nelle cantine di Palazzo Tittoni, in via degli Avignonesi. Fu rappresentata lì per la prima volta l'opera di Pirandello “L'uomo dal fiore in bocca”, e nei dieci anni di attività vi passarono Alvaro, Vergani, Soffici, Marinetti, Bacchelli, Svevo, Campanile e, fra gli stranieri, Shaw, Laforgue, Mann, Brecht. Alberto, collabora all'attività dei fratelli come teorico, scrive testi sul teatro per Anton Giulio, espone alla Casa d'arte alcuni suoi lavori di policromia spaziale astratta In quegli anni, Alberto collabora anche a vari giornali, fra gli altri la "Fiera Letteraria", lo "Spirito nuovo", "Il Tevere", "Il Meridiano di Roma", "Il Corriere di Napoli", "Interplanetario". Elabora la Teoria orchestica nel 1921, e la Pamplastica, che pubblicherà nel 1924. Alberto Bragaglia non fece mostre. Dipinse centinaia di opere, fece forse migliaia di disegni, ma non ebbe mai l'idea di esporli. Tanto meno di venderli, cosicché restarono accatastati per molti anni. I suoi libri ebbero la stessa sorte. Soltanto nel 1938 raccolse una serie di saggi di urbanistica e li pubblicò con il titolo “l'Avvenire delle città”.
Morì nella sua casa di Anzio, il 30 aprile 1985, a ottantanove anni, lasciando tutto a suo figlio Leonardo.