FERENTINO, CATTEDRALE SS. GIOVANNI E PAOLO
Sulla spianata dell’Acropoli romana, in posizione regale, si adagia la splendida cattedrale di Ferentino dedicata ai santi Giovanni e Paolo, fratelli martiri romani e, dal suddetto largo, è possibile godere dell’immenso panorama dell’ampia valle del Sacco. Dove si ergeva una volta un tempio pagano di epoca sillana (I sec. a.C.), fu costruita, nel 1108, la primitiva chiesa della Cattedrale sotto il pontificato di Pasquale II, in sostituzione di una precedente chiesa del sec. IX in stile longobardo. La chiesa ha una semplice facciata a capanna, con navatelle più basse, su cui si aprono tre porte architravate sormontate da lunette semicircolari e una finestra lunettata ed ornata da una coppia di colonnine. L’interno è a tre navate absidate, di cui la centrale è quella maggiore, con una copertura a capriate lignee. La pavimentazione a mosaico è opera di alcuni membri di una famiglia artigiana che operò in Roma e dintorni nei primi decenni del XII secolo, "I Cosmati", che operarono qui sotto la continua presenza di papa Innocenzo III. Mastro Giacomo (1203) è autore di questa pavimentazione. Oltre alla sontuosa pavimentazione musiva, l’interno della cattedrale è arricchito dall’elegantissimo presbiterio rialzato, dove troneggia l’altare maggiore cosmatesco, racchiuso da un ciborio sostenuto da quattro colonne, al di sopra delle quali spicca un’immaginosa trabeazione, datato al periodo tra il 1228 e il 1240; l’artefice dell’opera che dal Giovannoni è stata giustamente definita “l’esempio migliore e più finemente ornato dei cibori eseguiti nel Lazio”, è Drudo De Trivio (1230), marmorario che lo costruì nel XIII secolo, per ordine di Giovanni arcidiacono di Norwick, di nobile famiglia ferentinate. Opera singolare è l’elegante colonna tortile del cero pasquale attribuita al Vassalletto.
Nel duomo sono conservate le reliquie del Santo protettore della città: S. Ambrogio martire; ivi si espone la sua statua d’argento del 1641, opera di orafi romani, visibile solamente nei giorni della festa del Santo. Nella sagrestia del Duomo, si vede il Tegurium o Ciborio dell’antico altare della Confessione, che si fa risalire al secolo IX, molto simile a quello di S. Apollinare in Classe a Ravenna, che è stato adattato ad altare. Secondo uno schema decorativo comune ai cibori, nelle quattro lastre l’ornato è diviso in tre settori: coronamento dell’arco contenuto tra due listelli piatti, cornice terminale e zona intermedia ridotta a due triangoli, conclusi sui lati da una treccia. La cornice superiore è identica in tutte le lastre e presenta onde ricorrenti con andamento opposto al centro, che sovrastano un motivo di piccoli archi acuti, nel quale si può riconoscere facilmente una particolare interpretazione del kyma ionico classico reso a rilievo negativo. La lastra di maggiore interesse è quella frontale, ove la ghiera dell’arco è decorata da una treccia di quattro nastri viminei a tre elementi, raccolti da sinistra in gruppi di tre maglie, successivamente ridotti a due. Immediatamente al di sopra, negli angoli di risulta si dispongono due pavoni affrontati dal cui becco pende una fogliolina d’edera, mentre gli spazi angolari sono occupati da fiori di giglio. I motivi ornamentali sono molto comuni nel repertorio altomedievale ed in particolare i pavoni, arricchiti di una nuova simbologia dall’arte paleocristiana e alludenti all’immortalità, ricorrono con una certa frequenza anche in contesti decorativi diversi. In questo caso, gli animali mostrano un solido impianto ed una ricerca naturalistica soprattutto nella resa del piumaggio; la decorazione è ordinata, organica, in un contesto compositivo chiaro; le sculture, pur mostrando il caratteristico appiattimento di questo periodo, non sono prive di un certo risalto plastico. Opera illustre è la Cattedra Vescovile, icona del Magistero dei Vescovi Ferentinati, onorata dalla presenza di tanti pontefici romani, tra i quali ricordiamo appunto Pasquale II, che ha consacrato la chiesa, Innocenzo III, Onorio III, Gregorio XVI, Pio IX e Paolo VI (1 settembre 1966). Purtroppo con l'avvento del Barocco (1691) è stata abbattuta l'iconostasis, la grande balaustra marmorea che recingeva la parte rialzata del pavimento fino a metà chiesa e che racchiudeva la Schola Cantorum e l'ambone. Una scritta ricorda ancora oggi il nome dell'artista Paolo. La colonna tortile del cero pasquale in origine era addossata all'ambone. esso consisteva in una tribunetta racchiusa per tre lati dai plutei ora posti nel pavimento davanti alla tomba di S. Ambrogio, abbellita dalle quattro colonnine, che si vedono agli angoli dell'altare maggiore, e sostenuta dai tre leoni e dalla sfinge attualmente ai lati della cattedra vescovile e della porta della sagrestia. Tutto il complesso è opera del Vassalletto. Un tabernacolo a muro per la conservazione dell'Eucarestia, opera rinascimentale molto fine di scuola fiorentina (1500), è stato collocato presso l'attuale altare del Santissimo. Sull'altare della navata di destra è esposta l'icona della Madonna del Parto (sec. XVIII), molto venerata nella città di Ferentino. Ai lati della porta della sagrestia due testine raffiguranti l'imperatore Federico II, a sinistra, con la civetta sotto il mento, simbolo della scienza, e Giovanni di Brienne, re di Gerusalemme, a destra, ricordano il loro incontro in questa cattedrale nel 1223, alla presenza del papa Onorio III per preparare il piano di una futura Crociata nei Luoghi Santi.