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Il Museo è stato istituito nel 1961 dal sindaco Pietro Fedele dopo la scoperta di un’ulna umana fossile, associata a resti di faune estinte e manufatti litici, nelle sabbie vulcaniche della Cava Pompi, in quel tempo aperta nel territorio di Pofi. La sede attuale, aperta al pubblico dal marzo 2001, si trova nel fabbricato destinato ai servizi culturali, insieme alla Biblioteca, all’Archivio Storico e alla Sala conferenze. Il progetto scientifico e di allestimento è stato curato da Italo Biddittu, archeologo; il progetto tecnico è stato curato dall’ing. Francesco Chiarelli e dall’architetto Tommaso Brasiliano.

IL TERRITORIO
Il Museo presenta le testimonianze dell’uomo preistorico nel Lazio meridionale interno. Il percorso inizia (area 1) con una ricostruzione stratigrafica, un plastico del territorio, e con pannelli bilingue italiano-inglese, che riassumono le principali tappe dell’evoluzione del pianeta dalla Pangea fino agli aspetti della geologia regionale. Gli eventi più significativi del passato, che hanno contribuito alla morfologia del paesaggio e che hanno interferito con la presenza dell’uomo sono legati alla estensione di grandi bacini lacustri ora scomparsi e agli apparati del “Vulcanismo Ernico” con centri che sono stati attivi tra 700.000 e 110.000 anni. Tra questi viene dato particolare risalto nel museo all’apparato poligenico di Pofi, attivo tra 430.000 e 110.000 anni, del quale si possono osservare nella morfologia del paesaggio quattro o cinque crateri principali. Nel museo sono esposti, tra l’altro, una bomba lavica di notevoli dimensioni e di forma particolarmente interessante.

OMINIDI FOSSILI (Argil l'uomo di Ceprano)

Nelle aree 2 e 3 sono trattati i temi dell’origine ed evoluzione dell’uomo attraverso l’esposizione di calchi di ominidi dagli Australopiteci (Lucy, Australopithecus afarensis) ai primi uomini africani (Homo rudolfensis, Homo habilis, Homo ergaster), la diffusione in Asia (Homo georgicus, Homo erectus), l’arrivo in Europa. Questa sezione didattica del Museo si è arricchita recentemente con l'acquisizione di numerosi calchi (circa 180) tra fossili umani, manufatti e resti di fauna, che costituiscono un nucleo importante nelle collezioni didattiche e di confronto del Museo. L’esposizione del cranio dell’Uomo di Ceprano (500.000 anni, noto anche come Argil), tra i più antichi fossili umani europei, rappresenta una tappa importante nel percorso del Museo. Il riconoscimento che il fossile ha avuto in campo internazionale per la sua particolare morfologia,con tratti arcaici uniti ad altri più evoluti, tanto da suggerire la creazione di una nuova specie e la presenza di numerosi siti archeologici con manufatti e faune del Paleolitico inferiore, hanno dimostrato l’importanza del Lazio meridionale per le conoscenze sull’evoluzione biologica e tecnologica dell’umanità preistorica. Nel percorso, articolato in senso cronologico, sono esposti anche i resti fossili umani di ulna e tibia rinvenuti nella cava di “pozzolana” di Giovanni Pompi (area 6), in attività negli anni sessanta del secolo scorso a Pofi. Il record fossile della provincia di Frosinone è completato anche dai quattro denti umani rinvenuti nel giacimento di Fontana Ranuccio di Anagni, datato con il metodo K-Ar 458.000 anni (area 4).

PALEONTOLOGIA
La fauna pleistocenica esposta è rappresentata da numerosi esemplari di Elephas antiquus, il gigantesco elefante che viveva nel Lazio meridionale, contemporaneo degli ominidi che spesso utilizzavano porzioni delle diafisi per realizzare manufatti in osso, alcuni particolarmente elaborati. Di questa specie sono esposti nel museo due crani, uno di giovane ed uno di adulto, alcune mandibole, 5 difese, coxale e femore dello stesso individuo, le ossa di un piede in connessione anatomica; questi reperti sono stati rinvenuti a Pofi, Ceprano, Isoletta, S. Giovanni Incarico, Strangolagalli.

Il genere Mammuthus è rappresentato con le tre specie M. meridionalis (da Castro dei Volsci), M. trogontherii (da Isoletta) e M. primigenius (da Veroli S. Anna), (aree 4, 5, 6 e 7). Sono esposti anche notevoli resti di cervi, buoi, rinoceronti, ippopotami. Particolarmente interessanti sono i resti paleobotanici (strobili di conifere, semi, “ciottoli” di legno modellati dall’azione delle acque sulle rive del bacino Lirino e i resti di molluschi di acqua dolce provenienti dal giacimento di Isoletta (Arce). Manufatti in pietra realizzati con la tecnologia del Modo 1 sono stati rinvenuti nei livelli sottostanti a quelli in cui era il cranio dell’uomo di Ceprano, e sono presenti anche nei giacimenti di Arce, Fontana Liri, Castro dei Volsci.

Si tratta di una tecnologia molto antica, che unitamente ai dati stratigrafici ricavati dallo studio dei giacimenti ricordati, pone l'arrivo dell’uomo nel Lazio meridionale intorno ad un milione di anni fa (area 3). Non sappiamo ancora per quanto tempo siano sopravvissuti nell'Italia centrale gli ominidi di questa prima fase di esplorazione del nostro territorio. E' comunque un dato di fatto che 600.000 anni fa si diffondono in Europa gruppi umani che conoscono una nuova tecnologia nella lavorazione della pietra, indicata come Modo 2, rappresentata soprattutto da un manufatto a simmetria bilaterale ottenuto con distacchi bifacciali, noto come "amigdala".

La relativa diffusione di questo manufatto, in siti datati tra 458.000 anni (Anagni- Fontana Ranuccio) e 250.000 anni (Ceprano-Campogrande-Colle Avarone, Arce-Isoletta, S.Giovanni Incarico-Lademagne, Pontecorvo-Cava Panzini, Aquino-Cava Pelagalli, Casalvieri), associato naturalmente ad una varietà di strumenti su ciottolo e su scheggia, sembra indicare una maggiore adattabilità agli ambienti e alle variazioni climatiche degli artefici di questo aspetto culturale. (aree 4 e 5 ) Nel museo è possibile osservare una copia della splendida amigdala in osso rinvenuta nel giacimento di Anagni Fontana-Ranuccio, datato col metodo del Potassio-Argon 458.000 anni, ottenuta scheggiando una porzione di spesso osso di elefante.

I resti fossili umani attribuiti a questa umanità (quattro denti da Anagni-Fontana Ranuccio 458.000 anni; ulna, tibia e frammento di cranio da Pofi-Cava Pompi 400.000 anni, esposti nel Museo) vengono raggruppati, secondo la terminologia attuale, nella specie Homo heidelbergensis.

IL PALEOLITICO MEDIO
Come è stato notato in molte regioni europee anche nel Lazio meridionale appare sfuggente, per assenza di giacimenti ben datati, una fase di transizione tra il Paleolitico inferiore e il Paleolitico medio. Quello che appare invece evidente, per le testimonianze rappresentate da manufatti tipologicamente riferibili a questa fase presenti in giacimenti in grotta e all'aperto, è la diffusione delle tracce della presenza di gruppi umani di Homo neanderthalensis.

Nel Lazio meridionale interno sono importanti i giacimenti di Sora e Carnello nei quali sono stati rinvenuti manufatti del Paleolitico medio di tecnica levalloisiana associati ad abbondante fauna fossile con specie di habitat freddo. Altri siti con manufatti di questa epoca, esposti nel museo, sono quelli di Pofi, Ceprano, Vicalvi, Isola Liri, Cassino.

Nel Museo un insieme importante è rappresentato dai manufatti rinvenuti in superficie, per l'interessamento di Pietro Fedele, in varie zone del territorio comunale di Pofi (soprattutto da Mola Sterbini). Per l'illustrazione didattica dell'umanità neandertaliana nel Museo sono esposti i calchi del cranio Saccopastore 1 rinvenuto a Roma, e Guattari 1 rinvenuto al Monte Circeo (area 7).

IL PALEOLITICO SUPERIORE
La diffusione in Europa dell'uomo anatomicamente moderno (Homo sapiens) viene posta, anche se con cronologia differenziata da regione a regione, intorno ai 40.000 anni fa. Nel Lazio meridionale interno sono, per ora, scarse le testimonianze di questa nuova fase dell'Età della pietra, e sono in gran parte derivate da rinvenimenti in superficie. Le aree di provenienza dei manufatti esposti nel Museo sono soprattutto quelle di Pofi-Mola Sterbini mentre rari manufatti provengono da Ceprano-Colle Avarone e da Anagni-Paduni (area 8).

Nella regione sono noti i giacimenti in grotta di Collepardo (Peschio Ranaro) attribuito ad una fase dell'Epigravettiano finale datato 9.730 B.P. La fauna è rappresentata da stambecco più abbondante, capriolo, cinghiale, marmotta, ermellino, gatto selvatico. Altri reperti in grotta provengono da Trevi nel Lazio e da Anagni-Osteria della Fontana.

IL NEOLITICO E L'ETA' DEI METALLI
Il percorso finale del Museo (area 8) illustra le ultime fasi della preistoria fino alle soglie della protostoria. Si tratta di una sezione per ora poco estesa che sintetizza, con i rari rinvenimenti neolitici di Sora, Canterno e Ceccano, la trasformazione del mondo dei cacciatori in quello degli agricoltori-pastori (passaggio da una economia di “prelievo” a quella di produzione). La rarità dei siti riferibili al Neolitico nel Lazio meridionale interno, imputabile probabilmente solo alla carenza delle ricerche, rappresenta un vuoto nella documentazione che si spera possa essere colmato con le future ricerche. Con l’Età del rame e del bronzo, alle quali sono destinati due espositori con materiali di Pofi, S.Giovanni Incarico e Ceprano, termina il percorso del Museo.

Sezione tattile per non vedenti e per bambini: Il percorso del Museo è stato progettato per offrire ai non vedenti e ai bambini la possibilità di manipolare sia oggetti originali sia modelli di peso equivalente dei più importanti reperti esposti. La maggior parte degli espositori è fornita di contenitori nei quali sono messi a disposizione dei visitatori modelli di reperti, calchi di crani umani fossili illustrati da testi in Braille per non vedenti. Su prenotazione si effettuano visite guidate e attività di laboratorio anche per non vedenti.

 

 
 

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