Il comune di Vallecorsa iscritto nel “registro dei paesaggi rurali storici nazionali”: i famosi e tipici terrazzamenti in pietra olivetati, presenti sul territorio vallecorsano.
Parliamo di un paesaggio agricolo unico al mondo, descritto già dallo scrittore Moravia nel libro La Ciociara e che divenne un film da Oscar con Sofia Loren e la regia di Vittorio De Sica .
Una meraviglia che fa parte dei soli 4 paesaggi agricoli al momento riconosciuti dal Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali (unico nel Lazio). In particolare la zona interessata è quella del Castrum Valis Cursae, con colline popolate di ulivi, terrazzamenti e sentieri sassosi in pietra bianca carbonatica all’interno del Parco Naturale dei Monti Ausoni.
La tutela della bellezza del paesaggio di Vallecorsa infatti è strettamente legata all’avvio di una nuova stagione per le attività agricole e di allevamento, al turismo e all’accoglienza, all’enogastronomia e alla cultura locale. In realtà, come ci ricorda la FAO, abbiamo tutti gli ingredienti umani, culturali e ambientali per competere a livello internazionale dice l'on. Daniela Bianchi.
La storia dei muri a secco di Vallecorsa risale a prima del 1327, questa datazione si può affermare sulla scorta di documenti ufficiali che sono reperibili nel Comune di Vallecorsa, la fonte da cui si puo’ verificare sono gli Statuti di Vallecorsa datati 1531, ci si puo’ domandare del perché allora ci si riporta al 1327, questo perché su ordine di Ascanio Colonna Duca di Tagliacozzo, che in quel tempo esercitava la signoria di Vallecorsa come distretto territoriale dotato di autonomia amministrativa e giudiziaria, li fece riscrivere e modificare in qualche passo, perché si leggevano male. Infatti chi li ha riscritti fu il Sig.Antonello Mancino il quale dichiara di essersi limitato ad aggiornare gli Statuti antichi, dove in una nota a margine nel primo foglio dice che l’anno della prima redazione è il 1327. Chiaramente in questo capitolo vado a trattare ciò che è scritto negli statuti riguardante i muri a secco “ macere” e piu’ precisamente : “ DE LAPIDIBUS SUBTRACTIS” – ‘ item si quis lapides de loco alieno abstulerit tam de maceria quam de alio loco, solvat baiulo vice qualibet solidos decem et emendet damnum, et specialiter si lapides sunt in aedificio’ .
Che tradotto ha il seguente significato :
“PIETRE “ – ‘ se uno ha tolto delle pietre da un luogo altrui, da una macera che da un altro posto, paghi al ballio ogni volta dieci soldi e ripari il danno: specialmente se le pietre appartengono ad un fabbricato’.(fonte associazione la Carboncella)
Dopo questa descrizione storica si pio’ affermare che le “macere“ di Vallecorsa possono vantare una storia di circa 700 anni .
“E’ un grosso risultato per il nostro paese – ha detto a Marco Bravo il sindaco Michele Antoniani – Sono anni che stiamo lavorando su questa idea e adesso siamo pronti. Prima ancora del protocollo Stato-Regione dell’ottobre 2016, avevamo avuto contatti con la FAO, ma solo il riconoscimento ministeriale del maggio scorso, ha aperto la possibilità di essere inseriti nel programma GIAHS, in vista di un riconoscimento a livello internazionale che non potrà che dare prestigio e ricadute positive, non solo d’immagine ma anche economiche, sul territorio. L’auspicio è che questa strada possa concludersi nel più breve tempo possibile. E’ chiaro che adesso sentiamo ancor più il peso della necessità di conservare il nostro patrimonio rurale e tramandarlo alle future generazioni, scongiurando l’abbandono delle terre. Non dimentichiamo che abbiamo oltre 500 chilometri di muri a secco. Fortunatamente esistono cooperative che se ne stanno occupando. Voglio esprimere tutta la nostra gratitudine al segretariato del GIAHS presso la FAO che ha consentito questa visita ma anche chi, per primo, ha permesso che tutto ciò accadesse, vale a dire il prof.Mauro Agnoletti dell’Università degli Studi di Firenze che, in occasione dei 150 anni dall’Unità Italia, ha promosso una pubblicazione sui nostri terrazzamenti. Ha smosso le coscienze di tutti noi, facendoci comprendere a fondo il valore del nostro patrimonio rurale”.