E’ incredibile quante sorprese inaspettate e di grande impatto riserva questa terra gloriosa di Ciociaria, anche in questi tempi così complicati. E’ sicuro motivo di gratificazione e di contemplazione godere i versi di un poeta o certe immagini della natura riprese dall’obiettivo di un poeta… della macchina fotografica !
Fino a qualche decina di anni addietro molta parte di Roma e parte della Ciociaria risuonava dei versi e delle liriche e stornelli di Attilio Taggi (1867-1950), romano ma dei Monti Lepini. Internet fornisce al curioso le notizie e i ragguagli sulla sua esistenza. Qui è intendimento di trasmettere al lettore qualche breve elemento atto a presentarlo e ad apprezzare. Attilio Taggi fu un poeta, uno di quelli che cantò la vita e le persone da lui viste e conosciute a Sgurgola, suo paese natale, mai dimenticato: i personaggi, le vicende, i fatti, la natura, gli animali, il tramonto, il profumo di un fiore…Sensazioni e descrizioni sempre presenti, espresse in una lingua piana ed elementare ma ricca e dolce, soprattutto in dialetto, nel dialetto di Sgurgola: è ai suoi concittadini e al suo paesello prima di tutto e poi al mondo e alla vita dell’uomo sulla terra: un personaggio noto della vecchia Roma dell’epoca lo definì “l’usignuolo della Ciociaria”, felice e idonea connotazione. La raccolta più conosciuta dei suoi versi e stornelli e sonetti si intitola “Roselle de fratta” e qualche titolo a caso ne illustra la personalità: la funtanella, Moretta, Biondina, glio primo ‘ncontro, Margarita, glio lagno de glio scopino, glio ciammaricono, alla bona de Dio, glio soricitto. Il lettore viene piombato in un altro mondo e se ne raccomanda la lettura.
Un secondo poeta, questa volta a noi contemporaneo, ha come strumento la macchina fotografica: si dirà, tutti hanno una macchina fotografica, è vero, ma nessuno o solamente qualcuno possiede la sua professionalità e, ancora di più, ha come motivo ispiratore e come vocazione la passione grande per la natura, i suoi fenomeni e i suoi abitanti, specie gli uccelli. La molla, il suo stimolo, è l’amore: parole difficili, in questi tempi, ma si giudichi da alcune immagini qui illustrate, un minimo in verità, da lui riprese: risultati di lunghi appostamenti e grande pazienza e disinteresse. Si chiama Mirko dell’Unto ed è un arpinate. Il suo campo di azione è la Ciociaria, al di qua e al di là dei Lepini e degli Ausoni, dove la natura si apre sotto l’occhio dell’obiettivo, nella sua magnificenza creatrice, che lui scopre e valorizza, grazie alla sua sensibilità non comune. Si goda la visione di queste immagini uniche ed irripetibili
(Michele Santulli)