La tradizione la ricorda dall’agosto del 1052, anno in cui vi fu sepolto presso il terzo pilastro a destra S. Pietro Eremita, Patrono di Trevi nel Lazio. I documenti risalgono al 1216 chiamandola Abbazia. Ad essa fecero capo via via tutte le altre chiese che esistevano in territorio tremano. L’edificio è lungo circa 27 metri e larga 18; l’altezza massima interna è di metri 12,50, oltre la chiesa inferiore alta 3,30. Ha una severa facciata rinascimentale con le membrature in cardellina squadrata; l’interno è a tre navate su pilastri, con volta a botte al centro e tre crociere su ogni lato. L’attuale chiesa fu consacrata nel 1616. Della precedente, più volte restaurata, si sa solo che era coperta a tetto (e non a volte), che aveva l’altare al centro del presbiterio, che la chiesa inferiore era più stretta verso sud e che l’attuale campanile, con archetti incrociati e bifora a sud, e cappella di S. Antonio, le appartenevano. I lavori iniziarono nel 1608 sotto la guida del capomastro Gio Gaeta.
Nel 1619, per facilitarne la costruzione, si demolirono i ruderi della chiesa di S. Teodoro, con le sue cardelline squadrate si fecero le strutture portanti della nuova chiesa (pilastri, archi, ecc., mentre le murature secondarie furono eseguite in pietrame calcareo, nelle zone più importanti assestato a mano, nelle altre a sacco, come a sacco furono (secondo l’uso dei tempi) le volte. Nel 1649, Federico Rivorsini da Urbino completa la cappella maggiore o presbiterio, facendo fare un altare sul fondo fiancheggiato da quattro colonne. Le altre cappelle furono completate e dotate da famiglie come appresso indicato. Il pavimento è in pietra di Subiaco, riquadrato in marmo nero (1905). Notevoli restauri in tutta la chiesa, furono fatti nel periodo 1963-1968 dal parroco Don Sandro Sibilia; in particolare i severi colori dell’interno, furono sostituiti dagli attuali più vivi. Entrando si ha, sopra, l’organo commissionato da Gio. Paolo Ciglia nel 1632 all’organaro Emilio Bonifatiis da Cerreto Umbro.
Subito a sinistra v’è il fonte battesimale (su un capitello romano uguale a quelli della piazza Maggiore); quindi sulla parete sud la cappella della Madonna del Rosario (dal 1647 della famiglia Donati-Onesti; il suo altare nel 1967 venne portato nella seconda cappella a destra); la cappella del SS. Crocifisso (Confraternita con sacchi neri, crocifisso del XVIII secolo e altare in marmo nero africano, giallo antico, rosso spezzato); la cappella della SS. Trinità e S. Rocco, poi SS. Cosma e Damiano (dal 1527 della famiglia Mari, demolito l’altare nel 1967, quadro del 1662 del Vanenti con SS. Trinità e tre Santi; ai lati e sopra, otto pannelli dipinti da monaco cassinesi spagnolo – 1666); e infine, ove è una porta che dà alla sacrestia (la porta fu aperta nel 1910) c’era la cappella della Madonna del Carmine (della famiglia Lelis dal 1670). In alto, quadro attribuito a Simone Vouet (1612-1627) (al restauro).
Si passa alla sacrestia, costruita nel 1691-1692 da Giacomo Contini. Nella prima stanza, vi è un mobile fatto espressamente costruire nel 1972. In questo nuovo mobile, è stato sistemato e riordinato l’archivio della Collegiata, ove si conservano 22 pergamente di recente restaurate (la più antica è del 1206), e manoscritti, tra cui alcuni dello storico gesuita P. Domenico Antonio Pierantoni. Altri 3 armadi, in noce, contengono un ricco reliquiario d’argento e preziosi arredi sacri. Si torna al presbiterio ove si ammira l’altare del SS. Sacramento (Confraternita con sacchi rossi – 1554). Ai lati del presbiterio, sono stati collocati due notevoli Amboni, in ossequio alle nuove norme liturgiche, ricavati dal pulpito secentesco debitamente restaurato.
Sulle facciate laterali vi sono due tele moderne del Gagliardi, sostituenti gli antichi affreschi perduti (1655): a destra di S. Biagio e a sinistra di S. Pietro. Sull’altare si ammira una tela che si richiama alla trasfigurazione di Raffaello (parte bassa) e all’ Assunzione del Tiziano (parte alta); l’altare in marmo (pavonazzetto, rosso pezzato) è stato lateralmente decorato in marmo anche con il contributo dei cittadini di Rocca di Botte. Il coro del 1674 è andato perduto durante i lavori di restauro. Proseguendo, a destra del presbiterio, dal 1967 v’è la cappella di S. Pietro, ove, contenuta in artistica urna di legno, dono del card. Carlo Barberini commendatario di Subiaco 1681, è esposta la miracolosa veste o cilicio fatta di rozza e ruvida lana “canizza”. Prima, qui, sotto il campanile, vi era un passaggio per la porta delle campane, di cui rimane il prospetto sul lato nord.
Anche nel 1967, l’altare della terza cappella a destra, fu demolito e sostituito da una porta. Inalterata però, è rimasta la decorazione della cappella, già dedicata a S. Francesco di Assisi (fam. Cecconi del 1616). Nella seguente cappella di S. Borromeo, poi della Madonna Addolorata, è stato posto ora l’altare della Madonna del Rosario, in marmo nero africano, giallo antico e pavonazzetto. La prima cappella a destra è dedicata ai SS. Giovanni e Paolo (fam. Ciglia, 1616). L’altare è stato demolito ma è rimasta la sua decorazione e gli affreschi (fine secolo XVII), centrale (Madonna col Bambino tra i SS. Giovanni e Paolo) e laterali (S. Barbara, S. Lucia, S. Apollonia, S. Agata). A destra, sul muro est, c’è l’affresco dell’antica cappella di S. Antonio di Padova. Sui primi pilastri, a destra e a sinistra, vi sono dipinti rispettivamente S. Vito (fine sec. XVII) e S. Leone Magno (1968).
Tra la cappella di S. Antonio e l’acquasantiera gira la scala che scende alla chiesa inferiore. Questa, in tre navate con basse volte a crociera su grossi pilastri, occupa la navata centrale e di sinistra della chiesa superiore (la navata di destra è occupata da tombe a cui si accedeva da aperture nelle volte). Sulla parete est è rimasto il solo coretto dell’organo fatto fare, su commissione di Domenica Bartolomei da Mari nel 1635, da Giuseppe Catarinozzi di Affile. Sullo sfondo della navata di destra, coperta di stucchi seicenteschi, c’è il primitivo sarcofago in pietra cardellina, in due pezzi, già contenente il corpo di S. Pietro. Nella traslazione del 1215, le sacre ossa furono poste nella chiesa inferiore in due cassette di piombo sono ora nel predetto sarcofago.
A destra di questo, c’è l’urna in pietra che, posta nel nuovo altare, conteneva le reliquie dal 1619 all’ultima traslazione del 31.08.1952. In questa occasione, l’altare fu svuotato ed una teca in bronzo e vetro contiene ora le sacre reliquie. In fondo alla navata c’è la cappella con il suddetto altare (in pietra e marmo lavorati presi dalla villa degli Altipiani). La cappella ha cancellata, stucchi, dorature e pitture eseguite nel 1678/79, un’affresco offerto dagli emigrati trapani in America (1928) ed un coro seicentesco. In fondo alla navata di sinistra c’è la cappella di S. Domenico di Sora con affreschi a destra di S. Pietro e a sinistra di S. Omobono. Sul pavimento e sui muri cinque lapidi, che ricordano le sottostanti tombe. Uscendo si possono intravedere sul campanile le cinque campane: una maggiore o campanone (1791), una mezzana (1835), due piccole (1791/1835) e quella detta di S. Teodoro (1329). Quest’ultima campana fu aggiunta quando tutto il complesso fu automatizzato sul nuovo castello metallico (1963). L’orologio con le campane vi fu posto nel 1870.
Tratto da Guida turistica di Trevi nel Lazio
A cura di Mario della Valle
Trevi nel Lazio 1994
(Ultimo aggiornamento: 9 Luglio 2021)