Il “castello di Gallinaro” fu oggetto di contesa. Nonostante fosse possedimento dei Conti di Sora, l’imperatore Enrico II, di passaggio a Montecassino, pensò di donarlo ai nipoti del suo sostenitore Melo di Bari. Enrico inviò il normanno Trostaino con 25 uomini che “entrérent en lo Castel Gallnar” e lo conquistarono.
Nel 1067 il territorio, abitato da 370 abitanti, passò ai conti d’Aquino. Di allora è il sopravvissuto l’ “Ufficio di San Gerardo” , un documento del 1090 conservato nell’archivio della Curia di Sora. Lentamente, alla rigida organizzazione feudale si sostituiva un nuovo sistema che dava voce ai cittadini, l’Università, l’antica denominazione di Comune.
Il primo documento in cui veniva citata è del 1204. Da un documento del XIII sec. si apprende l’esistenza di una chiesa dedicata San Gerardo presso la quale viveva un eremita. Nel corso del Trecento il Santuario venne visitato dai discendenti del Santo, Domenico, Pietro e Andrea de Gerardis, che fecero ricche donazioni e fondarono l’Ospedale.
Mentre l’Italia meridionale passava dagli Svevi agli Angioini, Gallinaro viveva un periodo di relativa tranquillità, tant’è che agli inizi del secolo sono documentate ben nove chiese: S. Salvatore, S. Nicola, S. Maria, S. Andrea, S. Leonardo, S. Giovanni, S. Stefano, S. Maria di Iannano e la più antica S. Maria Cellarola, le cui prime notizie risalgono al 1019.
Il personaggio che si distinse fu il Vescovo Giovanni, confessore e consigliere della Regina Giovanna I.
Nel 1600 un altro discendente, John Gerard, Penitenziere di San Pietro donò a Gallinaro la custodia in argento per il braccio del Santo il cui corpo fu rinvenuto alla fine dello stesso secolo.
In questi anni la situazione non era delle migliori: case di creta, famiglie povere ed una vita quasi selvatica. A ciò si aggiunsero carestie, pestilenze – che cancellarono ben 17 famiglie – ed incursioni di briganti, che razziarono, uccisero ed incendiarono. Il più famoso di questi, come ricordano le cronache del tempo, fu proprio un gallinarese: Marco Fiore
Il Settecento registrò un aumento della popolazione, che raggiunse i 750 abitanti. L’attività principale restava comunque l’agricoltura, anche se i proprietari erano pochi e i più prendevano in affitto i terreni dalla Chiesa. Figure di spicco furono l’Arciprete Bartolomeo Baldassari e Loreto Apruzzese. Il primo ebbe il merito di riordinare l’archivio parrocchiale. Morì di morte violenta, assassinato dal sanguinario bandito Gaetano Mammone. Loreto Apruzzese fu invece un giurista di fama che insegnò Diritto Civile presso l’Università di Napoli.
Con l’avvento dei francesi, siamo ai primi dell’Ottocento, Gallinaro non risentì subito degli effetti delle riforme, come quella riguardante l’abolizione del feudalesimo, anzi, fu unito al vicino Comune di San Donato, per ottemperare alla legge che un comune dovesse avere almeno 1000 abitanti.
Nel 1861, con l’Unità d’Italia, le cose non cambiarono né per il nostro Comune né per la Val di Comino, dove i sentimenti rimasero prevalentemente filoborbonici. Il nuovo Stato ridusse gli investimenti in Terra di Lavoro favorendo l’emigrazione. Una delle mete fu Parigi, dove molti gallinaresi trovarono lavoro come modelli, posando addirittura per il grande Rodin.
Fu il Novecento a portare novità e modernità. Furono creati l’ufficio postale, l’ufficio telegrafico, il “Circolo operaio XX settembre”, il servizio di corriere, uno sportello bancario. Il 21 aprile 1948, dopo un referendum, Gallinaro tornò Comune.
(Ultimo aggiornamento: 9 Luglio 2021)