Nel chiostro di San Francesco, in Piazza Regina Margherita, situato in una parete posta in un ambiente ristretto, un’intercapedine, si trova un affresco raffigurante un Cristo Pantocratore all’interno di un labirinto formato da undici spire.
La pittura è venuta alla luce grazie ad un ritrovamento casuale nel 1996, poco prima che l’ambiente del Chiostro, restaurato dall’amministrazione comunale di allora, riaprisse l’intero edificio al pubblico come luogo deputato ad attività culturali, rassegne di vario genere e convegni.
Il significato, l’origine e la datazione del dipinto sono tuttora oggetto di studi attenti e spesso contrastanti tra di loro, in parte dovuta all’eccezionalità della pittura che appare come un “unicum” nel panorama artistico locale e in parte al profondo degrado in cui versa l’opera e che rende difficile la lettura della stessa.
La comprensione di tale dipinto deve comunque partire dal contesto architettonico in cui il dipinto si trova e gli studi più recenti avvalorano l’ipotesi che esso campeggiasse nell’aula di una antica chiesa alatrense che è stata assorbita nella prima metà del XIII secolo dall’attuale chiesa di San Francesco con annesso convento, sorti dopo la visita del Santo di Assisi nella cittadina ernica.
Ciò si deduce dalle anomalie architettoniche e alle cesure riscontrabili su un lato del convento e non pertinenti all’impianto originario francescano.
L’affresco raffigura un Cristo Pantocratore inquadrato in un labirinto formato da cerchi concentrici ad intervalli bianchi e neri, posto sopra una fascia decorata con una teoria di fiori a sei petali neri iscritti all’interno di cerchi. Il labirinto ha un diametro di 140 centimetri, mentre il centro misura 75 centimetri.
Nel dipinto il Cristo ha un volto barbuto ed una folta capigliatura, il capo è circondato da un nimbo di 23 centimetri, indossa una tunica ed un mantello dorato. Con la mano sinistra, al cui dito anulare spicca un anello, è nell’atto di reggere un libro chiuso e posizionato all’altezza del cuore; la mano destra è distesa come tutto il braccio e stringe una seconda mano che fuoriesce dal labirinto.
La parete dell’affresco è separata da un secondo muro da un intradosso, dove sono raffigurati fiori, figure geometriche e una serie di iscrizioni ancora non completamente decifrate. La parete successiva presenta decorazioni geometriche alternate ad altre floreali.
I primi studi hanno messo in evidenza come il labirinto di Alatri corrisponda esattamente all’analoga figura che si trova nel pavimento della Cattedrale di Notre-Dame a Chartres, in Francia.
Due studiosi in particolare hanno dato alle stampe altrettante pubblicazioni per chiarire alcuni aspetti dell’affresco, atteso che le ricerche continuano.
Giancarlo Pavat ha messo in relazione il labirinto di Alatri con il labirinto di Chartres e quelli di Lucca e Pontremoli, arrivando a sostenere che l’origine del dipinto sia legata alla presenza dei Templari nella città di Alatri, dato che questa si trovava lungo la Via Francigena del Sud, percorsa dai cavalieri e dai pellegrini i quali, una volta lasciata Roma, erano diretti ai porti d’imbarco del Sud Italia in direzione di Gerusalemme. Il labirinto rappresenterebbe un percorso spirituale che simula il cammino della vita lungo un “sentiero” che conduce alla Verità, ossia alla figura del Cristo; esiste una sola entrata al labirinto, posta all’estremità sinistra, ed una sola uscita, alla quale si perviene dopo aver attraversato, in maniera sinuosa ed armonica, tutti gli spazi labirintici.
Il dottor Gianfranco Manchìa ha ipotizzato come il sistema simbolico dei segni tracciati affondi le sue radici nella gnosi valentiniana del II secolo. Il labirinto e il Cristo sarebbero quindi la rappresentazione per immagini della camera nuziale gnostica, così come è raccontata e descritta dai vangeli apocrifi e dai testi gnostici. In questo luogo nascosto si sarebbe compiuta l’ultima parte del cammino gnostico, quello che conduce alla ricongiunzione con Dio e alla conoscenza del mistero che permette a Dio stesso di governare il mondo. Manchìa ha ugualmente collocato l’affresco in uno scenario storico legato alla presenza di una comunità templare ad Alatri, dissoltasi e parzialmente confluita nell’Ordine Francescano dopo il processo ai Cavalieri Templari intentato sotto il pontificato di Papa Clemente V.
Bibliografia:
– “Antichità alatrensi”, quaderni del museo civico di Alatri, Tofani editore 2002
– Gianfranco Manchìa, “Cristo nel labirinto”, Di Virgilio editore, Roma 2009
– Giancarlo Pavat, “Il Cristo nel labirinto”, Nuova Stampa edizioni, Frosinone, 2009
(Ultimo aggiornamento: 7 Luglio 2021)