E’ posta al confine con Fontana Liri, nei pressi della omonima Torre Medievale. La primitiva costruzione fu eretta, secondo la leggenda popolare, per il sogno di una devota vecchietta e poi ingrandita dai duchi Boncompagni, nel 1582. Della primitiva costruzione fanno parte l’attuale abside e la sacrestia, di un certo interesse archeologico. Nell’abside figurano due archi, in elegante stile romanico. L’arco maggiore divide l’abside dall’altare e dalla navata. La parte originaria dell’arco, in blocchi di pietra, arriva a metà altezza e poggia su basi, pavimenti di pietra, la cui cornice, più lunga rispetto allo spessore dell’arco stesso, rivela che proviene da una preesistente costruzione. L’arco d’ingresso laterale dell’abside è a sinistra, guardando l’altare. Sulla porta di sacrestia, c’è l’imbotte di una finestra, in pietra, ora chiusa a muro. Il vano sacrestia ha una volta crociata, le cui nervature di vela poggiano su pulvini di pietra. Nella chiesa di S. Eleuterio sono sparsi numerosi reperti archeologici di epoca romana.
Nella parete di fondo dell’abside una nicchia con bassorilievi decorativi, di fronte, è stato posto un tronco di colonna sormontato da un capitello dorico. L’attuale altare utilizza un altro tronco di colonna dorica. Come base di un crocifisso è stato posto un rocchio di colonna ionica, scanalata. La cosiddetta “Tomba di Sant’Eleuterio” è in realtà un’urna funeraria romana. Una lapide funeraria e un cippo, in pietra calcarea, recano iscrizioni romane di difficile lettura. Tutti questi reperti archeologici rinviano a quegli impianti costruttivi romani che certamente erano nella zona di Sant’Eleuterio-Campostefano-Campolato. Di rilevante interesse artistico sono il quadro ad olio di Marco Mazzaroppi, del XVI secolo, che raffigura Sant’Eleuterio, e gli affreschi che sono rimasti visibili. Gli affreschi dell’abside attualmente visibili raffigurano Sant’Antonio Abate, a sinistra guardando, e Sant’Antonio di Padova, a destra. Sono databili al XV secolo. Un affresco nella sacrestia rappresenta un Cristo di grandi dimensioni. Negli altari laterali altri due affreschi databili al XVII secolo raffiguranti San Rocco e la Madonna del Carmine con San Giuseppe.
Caratteristica usanza legata al Santuario è il “giorno del digiuno, che si celebra il 5 maggio, trascorso a pane ed acqua. Sant’Eleuterio si invoca per scongiurare la siccità localmente chiamata la sìccita, che arrecava gravi danni all’economia agricola. Quando non pioveva si organizzavano processioni fino ad ottenere la grazia e, per sollecitare il Santo, si usava mettere in bocca alla statua una “saraca”, la salacca, affinché col suo forte sapore di sale provocasse la sete di Sant’Eleuterio che quindi facesse piovere. Sant’Eleuterio è anche taumaturgo invocato contro i cani arrabbiati e contro i serpenti. Si narra che Eleuterio quando arrivò, affamato, ad Arce, si avvicinò alla taverna che era presso la Torre Medievale per ristorarsi ma, l’oste gli scatenò contro cani rabbiosi, i quali non appena toccati dalla Chiave di Sant’Eleuterio, si ammansirono e leccarono le ferite del pellegrino. Ancor oggi, ad una persona che mostra di avere fame o rabbia si consiglia, ironicamente, di andare a baciare la chiave di Sant’Eleuterio.
(Ultimo aggiornamento: 7 Luglio 2021)