Alberico da Settefrati “il Visionario”

Chi era: Monaco Benedettino Nato a: a Settefrati nell’anno 1101 – Morto a:  Atina nel 1154

Alberico da Settefrati, detto il Visionario, nacque da famiglia nobile a Settefrati nell’anno 1101. È stato un monaco che ha operato nell’Abbazia di Montecassino e protagonista di una visione onirica in cui narra di aver viaggiato nell’oltretomba. Alla tenera età di 10 anni, infatti, verso l’anno 1111, fu sopraffatto come da un languore mortale e ridotto quasi in fin di vita. Rimase nove giorni e nove notti immobile, privo di conoscenza, come in una sorta di catalessi che venne definita anche come uno stato di estasi prodigiosa. In tali condizioni ebbe una mirabile visione che poi, ritornato in sé, raccontò minuziosamente.

Riferì difatti di aver visto in spirito San Pietro che lo aveva condotto ad osservare le pene dei dannati nel baratro dell’inferno, il fiume del purgatorio e lo splendore dei santi in paradiso. Dopo la misteriosa visione, il giovane Alberico rinunciò alle cose del mondo per militare nell’esercito di Cristo e professò la vita monastica nel cenobio di Montecassino, dove venne ordinato sacerdote nel 1124, vivendo in seguito una vita all’insegna dell’austerità e della penitenza, camminando sempre a piedi nudi, con tanta umiltà e contrizione che molti, traendo esempio dal suo comportamento, furono indotti a credere alle pene dell’oltretomba. La sua visione fu scritta da un monaco cassinese, Guidone, per ordine dell’abate Gerardo (1111-1123), ma poiché nella narrazione di Alberico molti elementi furono aggiunti, tolti e cambiati, l’abate Senioretto, nel 1127, ordinò la revisione del racconto per riportarlo alla genuina verità, il che fu fatto da Pietro Diacono. La prodigiosa visione è riportata nel codice cassinese manoscritto n ° 257 ed ha grande importanza per la storia della letteratura italiana. La visione racconta di come Alberico, sollevato in aria da una colomba bianca e accompagnato da San Pietro e dai due angeli Emanuele ed Eligio, visitasse dapprima le pene infernali, con crescendo di intensità che varia con l’età dei dannati e con la gravità del peccato: gli adulteri, gli infanticidi, i padroni ingiusti verso i loro sottoposti, gli omicidi, i vescovi che hanno tollerato preti spergiuri e adulteri sono immersi in un luogo ardente di fuoco. Nel cuore dell’Inferno c’è un enorme drago incatenato, che inghiotte con la bocca di fuoco moltitudini di anime: qui si trovano Giuda Iscariota, Anna, Caifa ed Erode. In altri luoghi infernali sono puniti gli ecclesiastici che hanno abbandonato il loro abito e i falsi testimoni. Dopo essere caduto nel pozzo dell’inferno, con l’intervento di San Pietro raggiunge un campo profumato di gigli e rose, dove le anime godono in letizia del “refrigerium”.

In mezzo al campo c’è il Paradiso vero e proprio, dove le anime entreranno dopo il giudizio universale. Ma gli angeli e i santi vi sono già ammessi: tra di essi un posto preminente spetta alla figura di San Benedetto da Norcia. Nella visione non è presente in modo chiaro il Purgatorio: vi si parla di un ponte su un fiume “purgatorio” dove le anime riescono a passare se sono leggere, perché cariche di pochi peccati.

Sicuramente la visione fu tenuta presente da Dante Alighieri nel rappresentare le pene e la gloria della vita futura. Il poeta fiorentino, nei suoi viaggi a Napoli, verso il 1290-97, dovette sostare qualche tempo nel celebre monastero di Montecassino e qui ebbe probabilmente occasione di consultare il manoscritto, da cui trasse l’idea del suo mistico viaggio attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Le analogie tra la visione di Alberico e il poema dantesco, come ebbero già a rilevare il Mazzocchi, il Cancellieri, il Tosti ed altri, presentano tali identità di circostanze che non si può dubitare della loro affinità e dipendenza. Ad ogni modo, tale visione fu una soltanto delle possibili fonti, del sostrato culturale cui l’ala del genio dantesco seppe imprimere un’impronta di altissima e inconfondibile originalità. La visione di Alberico ha però contribuito notevolmente alla definizione e alla percezione della credenza del Purgatorio, come ben spiegato anche dallo studioso francese Le Goff. Nel 1150 Alberico da Settefrati fu destinato a Preposito del monastero di Santa Maria dell’Albaneta, di pertinenza cassinese e situato con tutta probabilità nel territorio di Atina, dove morì nell’anno 1154. E’ chiamato anche Alberico “junior” per distinguerlo dall’omonimo Alberico da Settefrati, altro monaco dell’abbazia di Montecassino, che fu uno dei maestri della retorica medioevale e che nacque nell’anno 1008. Bibliografia: – Aniceto Venturini, “La gloria del mio paese, ovvero I due Alberici da Settefrati: profili biografici”, Tip. Romana, Sora 1880 – Achille Lauri, “Due benedettini di Montecassino: Alberico il Visionario e Alberico il Cardinale, da Settefrati”, Roma, 1911. – Maria A. Cedrone, “Alberico da Settefrati e la sua visione predantesca”, Graficart edizioni, Formia 2005 – Corrado Gizzi, “Il ponte del capello”, Ianieri edizioni, Pescara, 2008

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